Skilling, reskilling e upskilling: dietro a questi termini si cela un concetto semplice ma fondamentale. Ovvero, l’apprendimento di nuove competenze specifiche e l’acquisizione e/o l’aggiornamento di conoscenze e  soft skills, legate alla trasformazione digitale e a tutti quegli aspetti e tematiche utili a garantire lo sviluppo, la crescita professionale e una costante impiegabilità dei lavoratori.

In altre parole con questi termini, che come vedremo hanno sfumature diverse, ci riferiamo alla necessità di mantenere i dipendenti sempre aggiornati, attraverso l’erogazione di una  formazione continua, per prepararli ad affrontare nuove sfide lavorative , nuovi ruoli all’interno dell’azienda o, ancora, un lavoro totalmente nuovo. 

Negli ultimi anni il mondo del lavoro è cambiato molto rapidamente. Sembra quasi che ogni settimana ci siano nuove tecnologie, nuove piattaforme o nuovi metodi da imparare, che rendono le tecniche precedenti obsolete. Inoltre, le aziende si trovano oggi ad operare in un mercato in continuo cambiamento, che richiede loro agilità e continua adattabilità per rispondere alle numerose sfide. 

Queste trasformazioni, sempre più rapide, non possono essere gestite ricorrendo unicamente alla ricerca e alla selezione di personale esterno in grado di sopperire ad eventuali lacune.

è necessario, infatti, considerare che ogni organizzazione si trova oggi ad operare in un mercato del lavoro particolarmente complesso:

  • da un lato, un’elevata talent scarcity che rende difficoltoso reperire nuovi talenti qualificati.
  • dall’altro, i fenomeni della great resignation e della yolo economy, nonché le crescenti aspettative  nei confronti del proprio lavoro, che spingono i dipendenti ad abbandonare l’azienda se non vengono soddisfatti i propri bisogni o se non vi è un allenamento a livello di valori e cultura. 

La soluzione, in questo caso, risiede  nella formazione e nello sviluppo, orizzontale o verticale, delle risorse  interne e, quindi, nella gestione della forza lavoro aziendale come un'entità flessibile,  grazie alle possibilità offerte da percorsi mirati di formazione e crescita.  Ecco perché parliamo di skilling, upskilling e reskilling.

Attività che  sono necessarie per garantire all'azienda di rimanere competitiva nel tempo ma che, allo stesso tempo, rispondono anche a quella che è una richiesta specifica dei dipendenti, potenziali o attuali. Secondo quanto emerge dall’Employer Brand Research 2022 di Randstad, una ricerca che ha coinvolto quasi 163.000 rispondenti in 5.944 aziende intervistate in tutto il mondo, e un campione di oltre 6.590 persone in Italia, infatti,  il 65% dei lavoratori ritiene molto importante che il datore di lavoro offra possibilità di crescita professionale. Ancor più se si considera coloro che hanno meno di 35 anni e chi possiede un livello di istruzione elevato (75% ciascuno).

Inoltre, in Italia, l’80% dei lavoratori ritiene molto importante che il datore di lavoro offra la possibilità di riqualificazione e/o miglioramento delle competenze e il 72% dei dipendenti afferma che molto probabilmente rimarrà con il proprio datore di lavoro se verranno offerte tali opportunità

Le attività di skilling, upskilling e reskilling, dunque, devono essere considerate come prioritarie per qualsiasi azienda che voglia riuscire ad attrarre e fidelizzare i migliori talenti.

illustrazione di 3 omini stilizzati di sfumature di blu

skilling, upkilling e reskilling: la formazione come elemento essenziale per il successo aziendale.

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skilling upskilling e reskilling
skilling upskilling e reskilling

affrontare il gap di competenze.

Come abbiamo avuto modo di citare, non sempre assumere nuovi lavoratori è la soluzione migliore. 

Anzi, talvolta questa strada è particolarmente difficile. Si pensi, ad esempio, alle nuove professioni e ai ruoli specialistici per i quali non esiste un numero sufficiente di lavoratori per soddisfare la domanda delle imprese. 

Da diversi anni, infatti, si parla di mismatch tra domanda e offerta sul mercato del lavoro. Secondo quanto emerge dalla ricerca “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro”, condotta da Randstad Research, proprio a causa di questo fenomeno, negli ultimi 15 anni in Italia, il mercato del lavoro vive una realtà paradossale: sono infatti aumentati allo stesso tempo sia il tasso di disoccupazione, sia il numero di posti di lavoro vacanti. 

Una situazione che spesso - per il 58% delle aziende - è causata da una sottoqualificazione tecnico-scientifica.

reskilling e upskilling: significato, traduzioni e differenze.

Per affrontare le nuove sfide, quindi, le aziende devono spostare il proprio focus  all'interno, invece che affidarsi unicamente  alla selezione di nuovo personale. Ecco quindi che si parla di 'skilling', e quindi delle possibilità di formazione offerte ai dipendenti. 

Offrire queste opportunità, come abbiamo visto, non è, infatti, solo un modo per ridurre quelli che sono i costi, in termini di tempo e denaro, e le difficoltà associate alle ricerche esterne. Dare risposta alle necessità di aggiornamento o consentire ai lavoratori di acquisire le competenze necessarie per raggiungere i propri obiettivi e aspirazioni è anche un modo per valorizzare le proprie risorse e generare un circolo virtuoso di fidelizzazione e retention dei talenti. Inoltre, questi benefit possono diventare strategici anche in relazione ai  potenziali dipendenti, con riscontri positivi in termini di Employer Branding e Talent Acqusition.

Affinché tutto questo sia possibile, tuttavia, è necessario guidare le persone nell’acquisire consapevolezza personale e professionale e nello strutturare un piano di formazione ad hoc, che gli consenta di ampliare le proprie conoscenze e competenze e/o progredire professionalmente.  

cos'è il reskilling.

Reskilling, qual è la traduzione? Reskill significa riqualificare, riconvertire. In alcuni casi, infatti, alcuni profili lavorativi possono diventare rapidamente obsoleti. In questo caso l’azienda può adottare una politica di 'reskilling', puntando a insegnare ai dipendenti che rivestono tali ruoli quanto necessario per occuparsi di nuove attività. 

Grazie a questo approccio, dunque, l’azienda può trattenere al suo interno dipendenti di valore, invece che accompagnarli ad un uscita, con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di valorizzazione delle risorse, brand reputation e salvaguardia del patrimonio culturale ed esperienziale.

cosa vuol dire upskilling?

Con il termine 'upskilling', invece, si indicano tutte quelle attività formative tese a far crescere le competenze dei singoli dipendenti nel loro medesimo ruolo, per farli diventare i leader di domani. Un approccio differente, dunque, rispetto a quanto visto in precedenza, che mira a rendere i lavoratori maggiormente autonomi e competenti nel proprio ruolo, con l’obiettivo di consentirgli di svolgere il proprio lavoro in modo ottimale, ma anche di scoprire nuove attività e, in alcuni casi, ruoli differenti o superiori a quello attuale.

upskilling e reskilling: i miti da sfatare.

Vediamo ora quali sono alcune credenze comuni che è necessario superare per attuare una buona politica di upskilling e reskilling.

per essere efficace l’apprendimento deve avvenire di persona.

Ormai tutti sanno che l'apprendimento può essere realizzato in modo efficace da remoto. Eppure, fino a qualche anno fa, l’apprendimento da remoto era considerato scarsamente coinvolgente da molte organizzazioni. 

È vero, è facile “scappare” da un webinar, ma allo stesso tempo non è così difficile realizzare programmi di apprendimento coinvolgenti. Le organizzazioni possono incoraggiare questo approccio, ad esempio promuovendo percorsi studiati ad hoc per le varie figure aziendali e personalizzati sulla base di specifiche esigenze o sui vari livelli di esperienza.   

l'apprendimento avviene solo tramite corsi formali.

Esistono numerosi corsi di apprendimento caratterizzati da formule dinamiche e innovative, capaci di adattarsi rapidamente a un ambiente in rapida evoluzione. Sperimentare nuove modalità di apprendimento può infatti stimolare risposte molto positive. Inoltre, sarebbe opportuno incentivare i dipendenti a offrire il proprio contributo anche al di fuori delle loro funzioni. Ciò permetterà di migliorare la comunicazione interna e incoraggerà, allo stesso tempo, i dipendenti ad assumersi la responsabilità della propria crescita e del proprio sviluppo di carriera.

offrire ai dipendenti molte opzioni è sempre positivo.

Non esattamente. Ovviamente è bene assicurarsi che un dipendente che sta studiando un argomento a un livello avanzato abbia accesso a più di un semplice corso per principianti. Tuttavia, troppe opzioni possono penalizzarlo. La maggior parte delle aziende fornisce ai propri dipendenti decine di migliaia di corsi per upskilling e reskilling. Tuttavia, questa vastità nell’offerta rischia di essere fuorviante, se non si viene guidati da una persona in grado di fornire un orientamento. Parliamo di una guida esperta che “setacci” i corsi disponibili e scelga quelli che soddisfano gli obiettivi formativi del dipendente, adattandosi al suo stile di apprendimento e al tempo a disposizione.

l'accesso ai corsi è tutto ciò di cui i dipendenti hanno bisogno.

La tecnologia da sola non consente di aggiornare le competenze. Le persone hanno bisogno di una guida per sviluppare il proprio percorso di apprendimento, che può includere esperienze pratiche, webinar, TED Talks, programmi di certificazione o altri corsi  formali. In sua assenza, è probabile che i dipendenti rimangano sopraffatti. 

Questo, in genere, determina l'inazione o una decisione inadeguata, il mancato apprendimento delle giuste competenze, uno sviluppo non ottimale e una perdita di motivazione. In questi casi, un consulente può risultare determinante nell’aiutare le persone a raggiungere i propri obiettivi.

le aziende possono permettersi di fornire upskilling e reskilling solo ai dipendenti migliori.

Forse era vero ai tempi in cui l'apprendimento di persona era l'unica opzione. Quando un formatore arrivava in aereo per trascorrere qualche giorno in una classe con 15-20 persone, un'azienda doveva essere selettiva nel decidere chi poteva partecipare. Oggi le cose sono diverse. In un momento storico in cui diversità e inclusività sono diventate prioritarie, le aziende possono offrire a tutti i dipendenti pari accesso alle opportunità di apprendimento  . Grazie alle nuove tecnologie, è possibile garantire servizi di career coaching accessibili e scalabili. Combinato con strumenti di apprendimento online mirati, questo approccio può fornire una soluzione di upskilling e reskilling inclusiva e conveniente.

upskilling e reskilling: le best practice.

Come tradurre in pratica un’efficace attività di upskilling e reskilling? Per farlo, oltre a seguire i consigli sopra indicati, si possono mettere in atto diverse strategie. 

ricerche di mercato.

Una di queste consiste nell’effettuare delle ricerche di mercato che consentano ai propri dipendenti di individuare le competenze e le conoscenze sulle quali puntare. 

Al di là delle specifiche abilità, è importante conoscere le tendenze emergenti nei ruoli desiderati, per fornire ai propri dipendenti un piano formativo ad hoc che abbia un reale risvolto nella vita professionale. Ambiti su cui ci si potrebbe concentrare sono ad esempio: 

  • capacità di comunicazione scritta e orale
  • esperienza di insegnamento e di sviluppo del curriculum
  • competenza e professionalità
  • gestione del tempo e capacità organizzativa
  • competenze tecniche
  • gestione virtuale di grandi gruppi.

Questi requisiti si sommano alla competenza generale di base relativa al tipo di posizione. Inoltre, in alcuni casi, potrebbero essere necessarie anche certificazioni specifiche.

chiarire priorità e il livello di investimento.

Altrettanto importante è considerare il livello di impegno richiesto: non tutti i dipendenti avranno modo di dedicare lo stesso tempo alla formazione. Occorre quindi valutare caso per caso, senza sottovalutare le priorità personali. 

Un’azienda deve essere realistica riguardo alle esigenze dei propri lavoratori. Considerare i loro obblighi familiari, le eventuali responsabilità domestiche e lavorative, ma anche le priorità personali. Bisogna sempre essere sicuri che i dipendenti abbiano il tempo, i mezzi e la motivazione per completare il loro percorso formativo e approfondirne efficacemente il contenuto così da poterlo utilizzare nella loro attività lavorativa concreta. 

In questo senso, quando si decide di investire sulla formazione di un dipendente, ci si deve ricordare che la durata di un corso non coincide con il tempo effettivo che questo dovrà dedicare allo studio. Questo potrebbe essere verosimilmente più elevato. 

Inoltre, per i corsi che prevedono un costo elevato bisogna sempre verificare che l’investimento finanziario rientri nel budget e che il ritorno sull’investimento sia adeguato per la tua azienda (in termini economici, di engagement e di employer branding)

coinvolgi la tua forza lavoro.

Infine, è sempre opportuno coinvolgere i lavoratori e cercare di capire insieme a loro quali potenzialità desidererebbero sviluppare. Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze del mercato e dell’azienda e le aspirazioni dei singoli.

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