Trovare il candidato perfetto per le proprie esigenze è una delle sfide più difficili in assoluto per le aziende. In un mondo altamente digitalizzato come quello attuale, la competizione nei processi di recruiting è infatti diventata serrata.

la guida completa sul processo di ricerca e selezione del personale.

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L’enorme diffusione di social media e piattaforme digitali ha abbattuto molti dei limiti fisici tradizionali. Da un lato, questo ha permesso alle aziende di allargare enormemente il proprio raggio d’azione: grazie agli strumenti tecnologici, oggi si può raggiungere un numero infinitamente maggiore di potenziali talenti. Dall’altro, però, il nuovo contesto ha costretto tante aziende a competere sullo stesso campo da gioco, rendendo la ricerca del talento una sfida difficile e faticosa.

Quest’evoluzione ha reso necessario un ripensamento dell’intero processo di ricerca e selezione del personale. Oggi più che mai, per muoversi nel mercato globale e digitale è necessario avere una strategia chiara e ben definita, allineata agli obiettivi di business.

Ma com’è possibile pianificare queste attività per raggiungere candidati qualificati? E quali sono i vantaggi di un processo di recruiting ben studiato?

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che cos’è il recruiting, significato e fasi del processo.

Con il termine “recruiting” si indica l’intero processo di reclutamento di una risorsa: si parte dall’analisi delle esigenze aziendali, passando per l’identificazione del profilo ideale, fino ad arrivare alla selezione del candidato più adatto e al suo inserimento operativo nel team. 

Non si tratta quindi solo di “assumere qualcuno”, ma di costruire un percorso accurato e strategico, fondamentale per garantire all’azienda risorse competenti e in linea con i propri obiettivi di crescita.

Il recruiting può essere svolto sia internamente sia esternamente all’organizzazione. Nel primo caso, il dipartimento HR guarda alla forza lavoro già presente in azienda, valutando possibili riorganizzazioni, promozioni o ricollocamenti: si parla quindi di recruiting interno, che permette di valorizzare talenti già formati, risparmiando sui costi di onboarding e riducendo i tempi di inserimento. 

Nel caso del recruiting esterno, invece, l’azienda si rivolge al mercato per attrarre nuovi profili: una pratica spesso necessaria quando si vogliono coprire posizioni vacanti, introdurre nuove competenze o portare aria fresca all’interno dei team.

Le fasi che compongono un processo di selezione ben strutturato sono 7 e devono essere gestite con attenzione, perché ciascuna di esse ha un ruolo determinante per il successo dell’intero processo di recruiting. 

1. analisi della job analysis.

Il primo passo di qualsiasi processo di recruiting è la job analysis, ossia un’attenta valutazione dei bisogni aziendali legati alla posizione da coprire. Questo passaggio implica una riflessione strategica su come quella posizione si inserisce nell’organizzazione complessiva e su quali obiettivi è chiamata a soddisfare.

La job analysis parte dalla raccolta di informazioni precise sul lavoro da svolgere: 

  • quali saranno le mansioni quotidiane?
  • quali attività avranno un peso maggiore? 
  • con quali reparti o figure la persona dovrà interagire?

Questa fase prevede un confronto diretto tra HR, manager e spesso anche colleghi che già lavorano in ruoli simili. Non si tratta quindi di una fotografia statica del ruolo, ma di un’analisi dinamica, che deve tenere conto delle esigenze attuali e di quelle future.

Un altro aspetto fondamentale della job analysis è la definizione delle competenzetecniche e delle soft skills necessarie per il ruolo. Serve davvero un esperto con anni di esperienza o si può investire su un profilo più junior, con potenziale di crescita? È indispensabile una formazione tecnica specifica oppure la priorità è la capacità di adattamento? Queste domande aiutano l’azienda a non farsi guidare solo da schemi rigidi, ma a ragionare in ottica strategica.

2. stesura della job description.

Una volta completata la job analysis, si passa alla stesura della job description, il documento ufficiale che descrive il ruolo, le responsabilità e i requisiti richiesti per la posizione aperta. Questa fase è fondamentale perché rappresenta il primo strumento di comunicazione tra l’azienda e i potenziali candidati e deve essere redatta con precisione e trasparenza.

La job description deve contenere diversi elementi chiave, tra cui:

  • titolo della posizione, che deve essere chiaro e riconoscibile sul mercato;
  • descrizione dettagliata delle mansioni e delle responsabilità;
  • requisiti minimi (hard e soft skill, titoli di studio, certificazioni, anni di esperienza);
  • caratteristiche preferenziali, ossia quei plus che, pur non essendo obbligatori, rappresentano un valore aggiunto;
  • inquadramento contrattuale e informazioni logistiche (luogo di lavoro, modalità ibrida o in presenza, …).

Un errore comune nel processo di recruiting è quello di redigere job description troppo generiche o, al contrario, eccessivamente dettagliate, creando aspettative distorte nei candidati. È importante trovare il giusto equilibrio e fornire informazioni utili.

Inoltre, la job description deve essere coerente con il tono e il linguaggio dell’azienda. Se si sta cercando un profilo creativo per un team innovativo, meglio evitare descrizioni fredde e burocratiche. Al contrario, per ruoli più tecnici o regolamentati, è fondamentale essere rigorosi e precisi. 

Una job description ben scritta non solo attira i candidati giusti, ma contribuisce anche a rafforzare l’employer branding, mostrando l’azienda come un’organizzazione attenta, trasparente e professionale.

Leggi anche: come si scrive un annuncio di lavoro efficace.

3. job posting, l’annuncio di lavoro.

Dopo aver definito la job description, si passa alla fase di job posting, ossia la pubblicazione dell’annuncio di lavoro sui canali selezionati. Questo passaggio è importante perché rappresenta il momento in cui l’azienda si affaccia al mercato del lavoro e cerca di attrarre i migliori talenti.

Non basta “pubblicare un annuncio” per ricevere buone candidature. È fondamentale scegliere i canali più adatti: piattaforme generaliste, siti specializzati per settore, portali universitari, gruppi professionali su LinkedIn o addirittura la pagina career del sito aziendale. Ogni canale ha un target diverso e può influire enormemente sulla qualità delle candidature che si ricevono.

4. analisi e valutazione dei CV ricevuti.

Una volta pubblicato l’annuncio e ricevuti i CV, è il momento di analizzare a valutare le candidature. Non si tratta di una semplice lettura, ma di un’attività che richiede metodo, attenzione e capacità di visione.

In primo luogo, è fondamentale definire criteri di valutazione precisi: cosa si cerca davvero in quel candidato? Quali requisiti sono imprescindibili e quali possono essere oggetto di compromesso? In questa fase, la chiarezza sugli obiettivi aziendali torna a essere centrale.

La scrematura iniziale serve a mettere da parte i curriculum vitae non pertinenti, concentrandosi solo sui profili che rispettano i requisiti minimi indicati nell’annuncio. Successivamente, si passa a un’analisi più approfondita, che considera anche elementi meno tangibili, come la coerenza del percorso formativo e professionale, le motivazioni espresse nella lettera di presentazione e la compatibilità con la cultura aziendale.

Per gestire in modo efficiente questa fase, molte aziende utilizzano software di Applicant Tracking System (ATS), che automatizzano la raccolta, il filtraggio e la classificazione dei CV. Questi strumenti possono aiutare a ridurre i tempi e limitare gli errori umani, ma non devono mai sostituire del tutto il giudizio umano, fondamentale per valutare elementi come il potenziale di crescita o la personalità.

Alla fine di questa fase, l’obiettivo è arrivare a una short list di candidati da contattare per il colloquio conoscitivo. È qui che si fa la vera differenza: una valutazione frettolosa rischia di far scartare profili interessanti o, al contrario, di portare avanti candidati poco adatti, con conseguenti perdite di tempo e risorse nelle fasi successive.

5. il colloquio di lavoro.

Il colloquio di lavoro è uno dei momenti più importanti e delicati del processo di recruiting. È l’occasione per conoscere di persona (o virtualmente) i candidati, andare oltre il semplice CV e comprendere chi si ha davvero davanti. 

Non è solo il candidato a dover dimostrare di essere all’altezza: anche l’azienda, in questa fase, deve presentarsi in modo professionale e trasparente, perché il colloquio è un momento di valutazione reciproca.

Per essere efficace, il colloquio deve essere preparato con cura. Prima di incontrare il candidato, i selezionatori devono avere ben chiari gli obiettivi: quali aspetti approfondire? Quali competenze verificare? Quali domande porre per valutare non solo le capacità tecniche, ma anche le soft skill, la compatibilità con il team e le motivazioni personali?

Esistono diverse tipologie di colloquio:

  • strutturato, con domande predefinite e griglie di valutazione;
  • semi-strutturato, con una parte di domande fisse e una parte più libera;
  • informale, basato su una conversazione aperta per conoscere la persona.

La scelta dipende dalla cultura aziendale e dal tipo di posizione. In ogni caso, è importante garantire un approccio coerente per tutti i candidati, così da poterli confrontare in modo equo.

Durante il colloquio, i selezionatori devono anche saper ascoltare, cogliere i segnali deboli, osservare il linguaggio non verbale e creare un ambiente dove il candidato possa esprimersi al meglio. 

Non va dimenticato che un colloquio ben condotto rafforza anche l’immagine dell’azienda, aumentando le possibilità che il candidato scelto accetti l’offerta finale.

Leggi anche: quali domande porre a un talento durante il colloquio di lavoro.

6. selezione del candidato e offerta di lavoro.

Terminati i colloqui, arriva la fase decisiva: la selezione del candidato. Qui l’azienda deve tirare le somme e individuare il profilo che meglio risponde alle esigenze indicate nella job analysis e confermate durante i colloqui. 

È una fase che richiede un confronto accurato tra recruiter, manager e, in alcuni casi, figure decisionali di livello più alto, perché si tratta di prendere un impegno importante sia per l’azienda che per il candidato.

Non si tratta solo di scegliere “il migliore in assoluto”, ma il migliore per quel ruolo e per quel contesto. Un candidato eccellente su carta potrebbe non essere la scelta giusta se non è allineato ai valori aziendali o se non è motivato dal tipo di progetto proposto. È qui che emerge il valore di un processo di recruiting ben costruito, capace di tenere conto di tutte le informazioni raccolte lungo il percorso.

Una volta effettuata la scelta, si procede con l’offerta di lavoro formale, che deve includere informazioni dettagliate sul tipo di contratto, la durata, la retribuzione, eventuali benefit e la data di inizio. Un’offerta poco chiara o gestita male rischia di rovinare tutto il lavoro fatto fin lì, facendo perdere candidati preziosi.

In questa fase, è fondamentale anche la capacità di negoziazione: il candidato potrebbe voler discutere alcuni aspetti dell’offerta e l’azienda deve essere pronta a gestire questi confronti in modo professionale, trovando un equilibrio tra le proprie esigenze e le aspettative del nuovo assunto.

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7. inserimento in azienda del nuovo dipendente (onboarding).

L’onboarding è l’ultima fase del processo di recruiting, quella in cui si gioca gran parte del successo della nuova assunzione: un inserimento ben fatto permette al nuovo dipendente di ambientarsi rapidamente, comprendere il proprio ruolo e sentirsi parte integrante del team. Al contrario, un onboarding confuso o mal gestito può portare a incomprensioni, frustrazione e, nei casi peggiori, a un turnover precoce.

L’inserimento in azienda del nuovo dipendente non inizia e finisce con la semplice firma del contratto. È un processo strutturato che accompagna il nuovo assunto nei primi giorni, settimane e mesi all’interno dell’azienda. Comprende momenti formali, come l’illustrazione delle policy aziendali e la presentazione degli obiettivi, ma anche momenti informali, come la conoscenza dei colleghi, le prime riunioni di team e la scoperta della cultura organizzativa.

Un buon programma di onboarding deve prevedere:

  • piano di formazione iniziale, mirato all’acquisizione delle competenze specifiche richieste;
  • supporto di un tutor o di un collega di riferimento, per chiarire dubbi pratici e favorire l’integrazione;
  • momenti di feedback regolari, per monitorare l’andamento e intercettare eventuali criticità.

Inoltre, è importante che l’azienda comunichi fin da subito le proprie aspettative: cosa ci si aspetta dal nuovo assunto, quali sono le priorità, come verranno valutate le performance nei primi mesi. Questo aiuta a evitare fraintendimenti e a creare un rapporto trasparente basato sulla fiducia reciproca.

Un onboarding ben strutturato non è solo un vantaggio per il dipendente, ma anche per l’azienda: aumenta l’engagement, accelera il raggiungimento degli obiettivi e contribuisce a consolidare la reputazione dell’organizzazione come luogo di lavoro attento alle persone.

Leggi anche: come strutturare un processo di onboarding aziendale efficace.

le tecniche che ogni divisione HR deve adottare per ottimizzare il processo di recruitment.

Individuare il profilo migliore tra le candidature pervenute talvolta può essere complicato, soprattutto quando i profili da esaminare sono molti e se si ha a disposizione un intervallo di tempo ristretto per effettuare la scelta.

Quali strategie si possono mettere in atto, allora, per selezionare il candidato più preparato e competente? Ecco 4 tecniche utili per ottimizzare il processo di recruiting.

lavorare sull’employer branding.

Un ambiente lavorativo attrattivo farà sì che i migliori talenti si interessino spontaneamente all’azienda e inviino la loro candidatura. In questo modo si potrà accedere in breve tempo a un bacino ben targettizzato e motivato.

Un luogo fondamentale dove comunicare il proprio employer brand ai futuri talenti è la pagina “lavora con noi” del sito aziendale. La maggior parte dei candidati, infatti, tende ancora a navigare questa sezione per cercare eventuali posizioni aperte o per inoltrare la propria autocandidatura.

creare un database di curriculum vitae aggiornato e automatizzato.

Piccole e grandi aziende solitamente ricevono CV anche quando non ci sono posizioni aperte. Questi curriculum, se archiviati in modo efficiente, costituiscono una grande risorsa cui attingere nel momento in cui si abbia bisogno di nuovo personale. 

Per gestire questo processo di organizzazione dei CV è possibile ricorrere ai software Applicant Tracking System o Candidate Management System. Questi applicativi permettono di:

  • automatizzare diverse fasi del processo di selezione;
  • ordinare i curriculum a seconda di parametri prestabiliti;
  • facilitare la ricerca di profili adatti tra quelli disponibili.

Ciò consente un grande risparmio di tempo, che può essere dedicato, invece, alla fase di valutazione vera e propria dei candidati.

sfruttare le potenzialità dei social network.

Già da alcuni anni, i social network - non solo LinkedIn ma anche Facebook, X e Instagram - sono diventati un luogo in cui individuare potenziali candidati. Per far sì che il processo di social recruiting sia efficace, però, è opportuno che chi si occupa di tale procedura si formi sulle modalità adeguate per svolgerla al meglio.

standardizzare le procedure.

Questa strategia permette di accorciare i tempi necessari per completare la selezione e, allo stesso tempo, favorisce una scelta del candidato migliore nel modo più oggettivo possibile. Per standardizzare il processo è possibile, ad esempio, stilare una lista di domande uguali da porre a tutti candidati e un elenco di competenze richieste. 

Durante le interviste, è consigliabile prendere appunti sulle risposte senza aggiungere commenti personali. Una volta terminata la prima fase di interviste, si può riprendere l’elenco di skill ed assegnare un punteggio a ciascun candidato colloquiato. 

Quelle appena elencate sono 4 strategie che, se sfruttate in modo opportuno, possono facilitare notevolmente l’individuazione di candidati competenti e motivati, in grado di apportare un valore aggiunto al team.

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