La domanda fondamentale, alla quale oggi tutti tentiamo di rispondere anche se ci porta spesso sulla strada sbagliata è: le macchine possono pensare?
In realtà, in ottica di intelligenza artificiale, esistono due scuole di pensiero ben distinte e con due risposte pressoché opposte.
Intelligenza artificiale forte
Secondo questa teoria un computer sufficientemente potente e correttamente programmato potrà (o potrebbe) essere dotato di intelligenza del tutto non distinguibile dall’intelligenza umana.
L’idea che sta alla base del concetto è semplice: ragionare non è nulla più che calcolare. Il pensare è il calcolo complesso.Quindi una macchina si, può potenzialmente pensare.
Intelligenza artificiale debole
La seconda teoria sostiene che una macchina non sarà mai in grado di eguagliare il cervello umano, del quale potrà solo e soltanto emulare i comportamenti e simulare i processi cognitivi, senza comunque mai arrivare ad una piena “coscienza”.
La macchina sarà sempre una macchina, per quanto complessa, e non potrà pensare.
La fregatura è che, pur essendo due risposte diverse, entrambe portano agli stessi problemi e alle stesse congetture.
Alla fine, parliamoci chiaro, il fatto che una macchina possa pensare o simuli benissimo il farlo, a noi non interessa e non cambia nulla, quello che a noi importa davvero è quali sarebbero (o potrebbero essere) le ricadute su di noi e sulle nostre vite.
Avremo più o meno lavoro? Saremo adeguati a questi eventuali nuovi e diversi mestieri? Questo cambio di paradigma migliorerà o peggiorerà le nostre vite?
Sono queste le VERE domande che ci facciamo quando parliamo di intelligenza artificiale.
Rispondere è difficile ma tento di far parlare chi è più autorevole di me, in base a ricerche serie ed approfondite: riporto quindi alcuni risultati di studi fatti da McKinsey Global Institute nell'anno 2013.
Internet delle cose
Grazie a nuovi software, alle interfacce “naturali” con cui interagire con le macchine, all’automazione McKinsey prevede circa 80 milioni di lavoratori in più al mondo con un impatto che va dai 5.200 miliardi a 6.700 entro il 2025, grazie ad una produttività moltiplicata.
Internet degli oggetti
Grazie ai sensori ed alle città interconnesse, grazie alla raccolta dati e alla velocità di elaborazione degli stessi e grazie alle evolute intelligenze artificiali che saremo in grado di creare nel prossimo futuro l'impatto economico è calcolato tra 2.700 a 6.200 miliardi dollari entro il 2025, in particolare attraverso l'assistenza sanitaria e le applicazioni di produzione.
Robotica
Insieme all'intelligenza artificiale e alle smart city, la robotica potrà portare un contributo economico che si aggira tra i 1.700 e i 4.500 miliardi di dollari l'anno, che aggiunti ai veicoli senza necessità di conducente, guidati attraverso Web e GPS che producono tra i 200 e i 2.000 miliardi l'anno, abbiamo un impatto economico che va dai 1.900 ai 6.500 miliardi di dollari l'anno.
Ovviamente queste sono tutte stime, ed in quanto tali elastiche e soggette a migliaia di variabili plausibili, ma quello che è interessante notare è che un'azienda terribilmente seria e competente come McKinsey Global Institute si sia esposta non solo a dire quali potrebbero essere i benefici generati dalle nuove tecnologie, ma anche a quantificarli.
Dove sta la vera sfida? Non certo nel combattere contro macchine alla Terminator ma nel nostro cambiamento, nella nostra stessa evoluzione nel modo di concepire il mondo.
Dobbiamo allargare le nostre vedute, rimettere l’uomo al centro della ricerca (non il solo profitto ma l’uomo) e dobbiamo capire che per ottenere dei risultati non possiamo contare sull’intelligenza artificiale se noi, i Creatori della stessa, non ci dimostriamo abbastanza intelligenti.