Da sempre vi sono aziende che devono confrontarsi con un mercato segnato da momenti di picco di lavoro e periodi di flesso. Un esempio per tutti è rappresentato da molte produzioni alimentari o comunque legate alla stagionalità, ma anche da tutti coloro che lavorano su commesse, oppure dal settore logistico.
Le variabili da gestire sono moltissime, prima fra tutte il personale.
Quali sono le soluzioni per gestire la forza lavoro flessibile in un workload aziendale caratterizzato da picchi e flessi? (scopri anche: 5 segnali che è arrivato il momento di aumentare la flessibilità della forza lavoro).

1. creazione di un pool dedicato.
Pianificare gli ingressi programmati per l’inizio stagione permette di lavorare per obiettivi garantendo la possibilità di avere un pool di persone pronte a partire per affrontare l’inserimento di un grande numero di lavoratori in un tempo relativamente ristretto.
In primis occorre individuare i target group più performanti (es. donne part time – studenti part time- uomini full time ecc) per le necessità di business.
È importante analizzare in modo approfondito l’offerta di lavoro, per capire quanto sia appetibile sul mercato locale comparandola alle offerte di altre aziende sul territorio.
A questo punto è il momento di costruire un piano di recruiting mirato per ricercare e selezionare tutte le risorse necessarie. Questo piano di reclutamento definisce il raggio chilometrico entro il quale concentrare gli sforzi e dettaglia le azioni da intraprendere (ad esempio: siti online – volantini e manifesti personalizzati, ecc.)
La creazione di un Gantt di progetto permette di definire le azioni nel corso delle settimane e le milestones di progetto.
Fondamentale anche definire dei kpi di reclutamento e selezione, per avere un numero di candidati sufficiente per ogni ciclo di colloqui e successivi inserimenti.

2. stratificazione del pool.
Per una gestione più performante della forza flessibile, soprattutto in fase di picco e flesso, è possibile pensare ad un approccio più integrato attraverso l’analisi delle postazioni di lavoro, che permetterà di definire quali tra queste hanno una necessità particolare di continuità e di competenze tecniche.
Da un lato si determina per ciascuna mansione quali caratteristiche e capacità sono richieste, dall’altro si definisce la durata del training necessario per ciascuna mansione per raggiungere il 100% di produttività.
Dall’incrocio di queste variabili emergono una stratificazione delle mansioni e la mappatura delle postazioni secondo tre livelli di criticità, dalle più critiche alle più semplici.
Le postazioni critiche sono caratterizzate da una forte technicality e una continuità maggiore: rappresentano dunque un punto strategico oltre che condizione necessaria per garantire il ciclo produttivo; le postazioni semi-critiche sono caratterizzate da una minore continuità e conoscenza tecnica; le postazioni semplici, infine, costituiscono la punta dei picchi produttivi, hanno in media una durata temporale limitata, poca continuità e un contenuto tecnico scarso o molto perimetrato.
In aggiunta a questo lavoro è possibile studiare le mansioni che si prestano a costruire un processo di polivalenza, in cui i contenuti lavorativi possono essere spesi su più postazioni con esercitazioni e/o innesto di competenze (es. il lavoratore che ha appreso a lavorare sulla postazione A, automaticamente sa lavorare anche sulla postazione B? In caso negativo, che cosa gli serve per poterlo fare?).
In fase di ramp down questo garantisce continuità ai lavoratori che occupano le posizioni più strategiche e consente potenzialmente una rotazione - anziché la dismissione - della forza lavoro flessibile, attraverso forme contrattuali alternative (part time/mog).
3. mitigazione della mancata produttività in ingresso.
Il periodo di inserimento è il tempo necessario affinché un lavoratore somministrato, che ha i requisiti propri della mansione, diventi produttivo al 100%. Durante questo periodo il lavoratore prenderà contatto con la nuova realtà aziendale, riceverà spiegazioni su ciò che deve fare e inizierà a sperimentare di persona tutte le fasi della lavorazione che interessano la sua postazione. In questi primi giorni di attività lavorativa la produttività incrementa progressivamente con l’esperienza, fino ad arrivare al 100%.
Se per inserimenti sporadici questo può non rappresentare un problema, in condizioni di picco il periodo di inserimento può costituire un significativo collo di bottiglia. Con l’ingresso di molti lavoratori alla prima esperienza, infatti, i ritmi si rallentano sia per la loro mancata produttività in ingresso, sia perché anche la resa dei tutor aziendali deputati agli affiancamenti non sarà al 100%.
La soluzione può essere l’ideazione di percorsi formativi precedenti all’entrata in azienda. I corsi pre missione possono essere indirizzati a diversi fabbisogni:
- assolvere gli obblighi legati alla sicurezza (ASR)
- consentire il conseguimento di attestati (Haccp, Gmp, ecc)
- conoscere la nuova realtà aziendale e acquisire informazioni strategiche per lo svolgimento della mansione con video dimostrativi, tour del plant, affiancamenti passivi
- esercitare la manualità attraverso prove concrete
I moduli formativi svolti prima della contrattualizzazione della risorsa possono garantire in media 20 ore di saving per ciascun inserimento effettivo. L’ingresso delle risorse che hanno già avuto un orientamento potrà garantire un processo di inserimento più fluido, con una riduzione della mancata produttività sia dei tutor, sia della forza lavoro flessibile (leggi anche: come randstad può aiutarti a costruire una forza lavoro flessibile).
