Ti svegli alla stessa ora anche senza puntare la sveglia. L'orologio mentale è ancora settato sull'orario d'ufficio. Il tuo subconscio non si è ancora abituato all'idea di essere in pensione.
Anche se sei libero dalle responsabilità lavorative, il tuo corpo e la tua mente continuano a sentirne il peso. Sai cosa? Ti stanno mandando un messaggio; anche se sei in pensione, una parte di te è ancora attiva, propensa a rimettersi in gioco, impegnarsi in progetti creativi e soprattutto: tornare a lavorare. Si, in ufficio. Come negli ultimi 40 anni. Se sei curioso o stai valutando questa possibilità, continua a leggere per scoprire i nostri consigli su come lavorare in pensione.
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a quanti anni si va in pensione?
Ti rechi in ufficio ogni giorno ormai da parecchi anni e non sai ancora quanto tempo ti occorre per raggiungere la tua sospirata pensione? Il processo di calcolo degli anni necessari per andare in pensione può sembrare complicato, ma in realtà è abbastanza semplice.
La prima domanda da porsi è: a quanti anni si va in pensione secondo le regole attuali? In molti Paesi, l'età di pensionamento è fissata dal governo e può variare. Ad esempio, in Italia, l'età di pensionamento varia in base al genere e agli anni di contributi versati.
Dopo aver scoperto l'età di pensionamento, devi considerare quanti anni di contribuzione sono necessari per ottenere una pensione completa. In Italia sono necessari almeno 20 anni di contribuzione per ottenere una pensione di vecchiaia.
Per calcolare quanti anni di lavoro ti servono, sottrai l'età in cui hai iniziato a lavorare dall'età di pensionamento desiderata e aggiungi il numero di anni di contribuzione necessari.
È importante notare che il calcolo degli anni per la pensione può variare in base a numerosi fattori, tra cui la tua situazione lavorativa, i contributi previdenziali e le politiche governative.
Attualmente, il sistema pensionistico italiano prevede due principali modalità di accesso alla pensione:
- pensione di vecchiaia, riservata a tutti i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria. Per accedervi è necessario aver compiuto 67 anni (requisito valido fino al 2026) e aver maturato almeno 20 anni di contributi e la cessazione dell’attività lavorativa subordinata, alla data di decorrenza della pensione;
- forme di pensionamento anticipato, che permettono di uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni, purché si rispettino determinati requisiti. Tra queste rientrano l’APE Sociale, Quota 103, la pensione anticipata per lavori usuranti o per lavoratori precoci e l’Opzione Donna.
Per ottenere una stima precisa, consulta un consulente previdenziale o il tuo ente previdenziale di riferimento.
Ricorda che il calcolo degli anni per la pensione è solo uno degli aspetti da considerare nella pianificazione della tua pensione. Valuta anche le tue esigenze finanziarie future, risparmia diligentemente e considera investimenti o altre fonti di reddito passivo per assicurarti un futuro pensionistico confortevole.
perché si decide di lavorare in pensione?
La scelta è soggettiva. La motivazione di continuare a lavorare in pensione spazia dallo stile di vita (non sei proprio il tipo di persona sedentaria ed hai bisogno di continui stimoli fisici e mentali) a quelli economici.
Con l'aumento del costo della vita, molti lavoratori considerano la possibilità di tornare a lavorare perché la loro pensione non è sufficiente a garantire una vita confortevole. Il costo della sanità, dell'istruzione dei nipoti e altre spese impreviste possono mettere sotto pressione il budget dei pensionati.
Potresti anche essere alla ricerca di uno scopo. Molti pensionati scoprono che, dopo anni di lavoro, lo status di ex lavoratore può generare un senso di vuoto. Tornando al lavoro, i pensionati possono continuare a sentirsi utili e contribuire alla società. Alcuni pensionati tornano al lavoro come insegnanti, mentori o consulenti. Possono condividere la loro vasta esperienza e conoscenza con le generazioni più giovani.
lavorare in pensione si può?
È possibile tornare a lavorare pur percependo la pensione pubblica, poiché il divieto di cumulo tra redditi da pensione e quelli da lavoro è stato abolito a partire dal 1° gennaio 2009 dal Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008.
Il lavoratore che accede alla pensione di vecchiaia, dal giorno stesso in cui entra in pensione, può esercitare una qualsiasi altra attività lavorativa. È utile tenere a mente che una volta percepiti ulteriori redditi, questi faranno cumulo nella dichiarazione dei redditi che il contribuente dovrà presentare, formandosi un’unica base imponibile IRPEF sulla quale versare le tasse.
Il cumulo di redditi da lavoro e da pensione è assolutamente possibile per tutti coloro che vanno in pensione con il sistema retributivo o misto, cioè per quei soggetti che hanno iniziato a versare i contributi prima del 31 dicembre 1995.
Per i pensionati contributivi puri, coloro che sono stati iscritti per la prima volta alla previdenza obbligatoria a partire dal 1° gennaio 1996, il cumulo tra lavoro e pensione è possibile se si raggiunge almeno uno dei seguenti requisiti:
- 60 anni di età per le donne e 65 per gli uomini;
- 40 anni di contribuzione;
- 35 anni di contribuzione e 61 anni di età anagrafica.
Tuttavia, alcune pensioni non possono essere cumulate con i redditi da lavoro. In questa categoria ci sono i pubblici dipendenti riammessi in servizio presso le pubbliche amministrazioni. Inoltre, continuano ad essere soggetti al divieto di cumulo coloro i quali sono titolari di pensione ai superstiti e degli assegni di invalidità con gli altri redditi.
si può lavorare dopo la pensione anticipata?
In merito al cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico anticipato, esistono delle limitazioni ben precise da rispettare. In generale, chi va in pensione anticipata deve fare molta attenzione ai vincoli imposti dalla normativa vigente.
Chi ha usufruito di Quota 100, Quota 102 o Quota 103 - che prevedono rispettivamente il pensionamento con 62 anni di età e 38 anni di contributi, 64 anni e 38 anni di contributi e 62 anni e 41 anni di contributi - non può cumulare la pensione con redditi da lavoro, percepiti anche da attività lavorativa svolta all’estero ,fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria, fissata attualmente a 67 anni.
Fanno eccezione i redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale, per i quali è previsto un tetto massimo di 5.000 euro lordi annui. Se si supera questo limite, la pensione viene sospesa e non revocata. Ciò significa che il pagamento del trattamento pensionistico sarà interrotto temporaneamente fino a quando il cumulo non rientrerà nei parametri consentiti.
Chi beneficia della pensione anticipata tramite Quota 100, Quota 102 o Quota 103 ha l’obbligo di comunicare annualmente all’INPS l’ammontare dei redditi da lavoro percepiti. In caso di omissione o superamento del limite, l’Istituto può intervenire con la sospensione dell’assegno pensionistico.
La limitazione al cumulo decade una volta raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni). Superata questa soglia, il pensionato può tornare a lavorare senza vincoli, esattamente come chi è uscito dal lavoro con i requisiti ordinari.
Un discorso a parte merita l’Opzione Donna, un canale di uscita anticipata dal mondo del lavoro dedicato alle lavoratrici. In questo caso, le regole sono più flessibili: le donne che accedono alla pensione anticipata con Opzione Donna possono lavorare liberamente, anche subito dopo l’inizio della pensione.
Dunque, lavorare dopo la pensione anticipata è possibile, ma solo a determinate condizioni. È fondamentale conoscere i limiti normativi per evitare brutte sorprese, come la sospensione dell’assegno. Se si sta valutando questa possibilità, è sempre consigliabile consultare un patronato o un consulente previdenziale per pianificare al meglio ogni passaggio.
si può continuare a lavorare dopo i 67 anni?
In Italia è possibile continuare a lavorare dopo i 67 anni, l’età attualmente prevista per accedere alla pensione di vecchiaia. La normativa italiana non impone alcun obbligo di cessazione dell’attività lavorativa al raggiungimento dell’età pensionabile. Chi lo desidera può tornare in attività anche dopo essere andato in pensione.
L’unica condizione formale da rispettare è quella della discontinuità tra l’attività lavorativa e la percezione della pensione: il lavoratore, per iniziare a ricevere regolarmente l’assegno previdenziale, deve interrompere il rapporto di lavoro in essere. Questo significa che, una volta cessato formalmente quel contratto, potrà continuare a lavorare.
Può lavorare alle dipendenze di un’azienda, tramite prestazione occasionale o come autonomo. Il mercato del lavoro, infatti, non pone limiti ai pensionati: la normativa prevede la piena cumulabilità tra reddito da lavoro e pensione.
Alcuni contratti sono più frequentemente utilizzati di altri. Uno tra i più comuni è il contratto a tempo determinato part-time, ideale per chi desidera rimanere attivo ma con un carico di lavoro più leggero.
Altri preferiscono lavorare con contratti di collaborazione, sfruttando la propria esperienza professionale per supportare aziende, enti o liberi professionisti senza vincoli di subordinazione. Molto diffusi anche gli incarichi a progetto o le prestazioni occasionali, che offrono flessibilità e permettono di gestire in autonomia tempi e modalità dell’impegno.
Non mancano infine i pensionati che decidono di avviare un’attività autonoma, aprendo una Partita IVA per svolgere un mestiere che li appassiona o che hanno sempre desiderato praticare.
In ogni caso, chi lavora dopo i 67 anni beneficia di un doppio vantaggio: da un lato può mantenersi attivo mentalmente e fisicamente, continuando a sentirsi utile e coinvolto; dall’altro può integrare la propria pensione con nuove entrate, spesso utili per far fronte al caro vita o per aiutare figli e nipoti.
la pensione fa reddito?
Sì, la pensione è a tutti gli effetti considerata un reddito imponibile. Questo significa che, come per altri redditi, è soggetta a tassazione IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), in base agli scaglioni previsti dalla normativa fiscale.
L’importo lordo dell’assegno pensionistico è soggetto a trattenute fiscali, esattamente come avviene per lo stipendio dei lavoratori dipendenti. L’INPS agisce da sostituto d’imposta, applicando le ritenute IRPEF e versandole direttamente allo Stato.
Questo aspetto è particolarmente importante per chi sceglie di lavorare dopo la pensione: i redditi da pensione e da lavoro si sommano, determinando un’unica base imponibile. Di conseguenza, si potrebbe rientrare in uno scaglione IRPEF più elevato e pagare più tasse.
quanti sono e cosa fanno i pensionati che lavorano?
In base agli ultimi dati Istat, quelli del 2021, i pensionati che hanno un’occupazione regolare sono 444 mila, in aumento rispetto al 2020 (+13,3%). Sei lavoratori pensionati su dieci lavorano nel settore dei servizi, un terzo dei quali nel commercio, mentre il 16% è occupato in agricoltura.
In oltre tre casi su quattro si tratta di uomini, in due casi su tre di residenti nelle regioni settentrionali e quasi 9 su 10 sono liberi professionisti. Oltre la metà dei pensionati occupati possiede al massimo la licenza media (circa il 30% per il complesso degli occupati), tre su dieci possiedono un diploma mentre il segmento dei laureati rappresenta oltre un quinto del totale.
L’età media dei pensionati che lavorano è progressivamente cresciuta: nel 2021 il 78,6% ha almeno 65 anni (77,4% nel 2019) e il 45,4% ne ha almeno 70 (41,8% nel 2019).
rientro in ufficio dopo la pensione: lo attende il multigenerational shock.
Primo giorno in ufficio dopo un'assenza di qualche anno. L'arredo è sempre lo stesso ma alla scrivania ci sono facce nuove. Ognuna rappresenta una generazione, ciascuna con un set unico di esperienze, aspirazioni, skills e valori.
È quello che attende i pensionati che tornano in ufficio dopo una pausa: un ambiente di lavoro multigenerazionale che comprende colleghi Baby Boomer (nati tra il 1945 e il 1964), Generation X (1965-1980), Millennials (1981-1996) e Gen Z (1997-2012), detti anche “Zoomer”, perché sono stati costretti a trasferire sulle piattaforme digitali una parte della loro vita durante la pandemia.
In questo scenario, spetta all’azienda il compito di promuovere un ambiente inclusivo e stimolante, dove il confronto tra generazioni non si trasformi in un ostacolo, ma in un’opportunità di crescita. Per farlo, è fondamentale adottare strategie mirate che favoriscano il dialogo e la collaborazione tra colleghi con background ed età differenti.
Una delle pratiche più efficaci in questo senso è il reverse mentoring: un approccio in cui i lavoratori più giovani affiancano i colleghi senior, condividendo competenze digitali, padronanza degli strumenti tecnologici e una visione aggiornata della cultura del lavoro. Il valore di questo scambio non è però unidirezionale: i professionisti senior mettono a disposizione il loro know-how, la capacità di visione strategica e le soft skill affinate in decenni di esperienza. Questo favorisce una contaminazione positiva di saperi, rafforza la coesione del team e combatte stereotipi legati all’età.
Il rientro di un pensionato in ufficio può generare inizialmente un senso di spaesamento, soprattutto se le dinamiche aziendali sono cambiate o se la tecnologia ha trasformato i flussi operativi. Ma con il giusto supporto da parte dell’organizzazione e una mentalità aperta da parte del lavoratore, il reinserimento può diventare un’occasione di rinascita professionale.
In conclusione, lavorare in pensione non è solo possibile, ma può rivelarsi una scelta vantaggiosa sotto molti punti di vista: aiuta a mantenere attiva la mente, rafforza il senso di utilità e consente di integrare il reddito, soprattutto in un momento storico in cui il costo della vita continua a salire.
Che si tratti di un impegno part-time o di un nuovo progetto imprenditoriale, rimettersi in gioco dopo il pensionamento può dare nuova energia e motivazione. Ma attenzione: prima di intraprendere questa strada, è fondamentale conoscere le regole da rispettare, valutarne l’impatto sul reddito (per capire se conviene continuare a lavorare dopo la pensione) e pianificare ogni passo con consapevolezza.
Con le giuste informazioni e un pizzico di lungimiranza, lavorare in pensione può trasformarsi in un’opportunità concreta per vivere questa nuova fase della vita con più sicurezza, autonomia e soddisfazione.