Il contratto di apprendistato è definito secondo il decreto legislativo 15 giugno 2015 come un “contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione” rivolto in particolare a giovani appartenenti ad alcune specifiche fasce d’età. 

Secondo le direttive in vigore dal 2015 (che sono intervenute a modifica del Testo Unico del 2011), sono previste tre diverse tipologie di contratto di apprendistato:

  • Apprendistato per la qualifica professionale: per i giovani dai 15 ai 25 anni di età che devono completare il percorso di studi. Il contratto è applicabile in qualsiasi settore economico.
  • Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere: si tratta di un contratto che consente ai giovani dai 18 ai 29 anni di acquisire una qualifica attraverso un periodo di formazione sul lavoro. Anche in questo caso il contratto è valido per qualsiasi settore e per i giovani già in possesso di una qualifica professionale può iniziare anche ai 17 anni di età.
  • Apprendistato di alta formazione: contratto finalizzato al conseguimento di un titolo di studio universitario o di alta formazione (compreso il dottorato di ricerca). Anche in questo caso si tratta di un contratto riservato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni (30 non compiuti). 

Recentemente riformato dal Jobs Act, il contratto di apprendistato, sia nella sua declinazione professionalizzante che in quella specifica per la formazione, prevede diverse novità. Vediamo quali. 

Le principali novità introdotte dal Jobs Act

Con il Jobs Act, l’apprendistato non solo ha subito un certo rinnovamento, ma sembra essere stato rivalutato pur in un’ottica di lavoro flessibile. In particolare, sono stati introdotti obblighi ma anche vantaggi per i datori di lavoro, soprattutto dal punto di vista contributivo. Analizziamo la situazione in dettaglio:

  1. Obbligo per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti di assumere almeno il 20% di apprendisti.
  2. Obbligo per il datore di fornire all’apprendista con contratto professionalizzante sia la formazione professionalizzante che quella pubblica (anche se sarà la Regione, in questo caso, a dover inviare il piano formativo con un calendario preciso delle attività entro 45 giorni dalla stipula del contratto).
  3. Per i contratti di apprendistato che hanno come fine il raggiungimento della qualifica e il diploma professionalizzante, la relativa retribuzione deve essere stabilita sulla base del CCNL assumendo, tuttavia, almeno il 35% delle ore dedicate alla formazione come base per il calcolo delle ore di lavoro.
  4. Nelle Regioni e Province autonome è possibile stipulare contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale anche a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali.
  5. Introduzione sperimentale del contratto di apprendistato per studenti di scuola superiore che favorisca l’alternanza scuola-lavoro. 

Le novità riguardo alle retribuzioni dell’apprendistato

Per determinare la retribuzione che spetta all’apprendista, è necessario fare riferimento al contratto nazionale che stabilisce le retribuzioni di lavoratori di pari livello. L’ottica è quella di assicurare all’apprendista un compenso commisurato ai suoi sforzi in linea con la figura professionale di riferimento. 

In più, secondo la novità introdotta dal Jobs Act, le ore di formazione devono essere conteggiate nel monte ore complessivo per una quota minima del 35%. Tuttavia, è bene ricordare che secondo la legge il datore di lavoro ha la possibilità di riconoscere all’apprendista una retribuzione fino a due livelli in meno rispetto alla qualifica da conseguire, o di una percentuale inferiore rispetto al 100% di quella di un lavoratore già qualificato. Il compenso può poi aumentare in percentuale fino a colmare la differenza con quello del lavoratore qualificato corrispondente.

Per quanto riguarda, invece, il versamento dei contributi, le aziende con almeno 10 dipendenti possono versare il 10% di contributi previdenziali in meno, mentre le aziende fino a 9 dipendenti la percentuale va dal 1,5% del primo anno al 3% del secondo anno. Questo svantaggio, secondo la nuova normativa, dovrebbe essere compensato dal fatto che tutte le ore sia di formazione che di lavoro devono essere retribuite.