L’innovazione tecnologica, i processi di digitalizzazione e, in generale, tutte le dinamiche di mercato che determinano rapidi cambiamenti del mondo del lavoro stanno alimentando il fenomeno dello skill shortage e del talent shortage, una delle principali criticità che i datori di lavoro si trovano ad affrontare negli ultimi anni.

Un fenomeno ormai evidente, alimentato anche dalle cosiddette “great resignation”, caratterizzate dal progressivo aumento delle dimissioni dei lavoratori dal proprio impiego a causa di un senso di insoddisfazione determinato dalle motivazioni più svariate e, in particolare, dal bisogno di appagare le proprie ambizioni ed esigenze altrove.

L'attuale carenza di lavoratori e competenze qualificate interessa le aziende di tutto il mondo. Secondo uno studio di Mckinsey l'87% delle aziende ha già problemi ad acquisire i talenti di cui ha bisogno o prevede di dover affrontare queste sfide in futuro. Dati che vengono confermati anche dalle ricerche Randstad secondo cui oltre un italiano su tre ha cambiato lavoro o intende farlo a breve:

  • Il 13% ha lasciato il proprio datore di lavoro negli ultimi 6 mesi (in aumento del +2% rispetto allo scorso anno) 
  • e il 24% intende lasciarlo (+1%)

Per affrontare tali criticità le aziende dovranno ripensare e adattare le proprie strategie HR. Da un lato per riuscire ad attrarre e selezionare i migliori candidati. Dall’altro per trattenere in azienda le migliori risorse.

A tal proposito, in questo articolo cercheremo di capire:

  • cosa significa esattamente talent e skill shortage
  • quali sono le principali cause di questo fenomeno
  • i settori maggiormente coinvolti
  • le possibili soluzioni per contrastare la carenza di lavoratori e competenze qualificate.
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talent e skill shortage: dati e strategie a supporto.

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Skill Shortage randstad
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talent e skill shortage: che cosa sono?

Con i termini talent shortage e skill shortage (letteralmente “carenza di competenze”), si intende, rispettivamente, parlare della carenza di lavoratori e personale in possesso di specifiche qualifiche e conoscenze. O, per meglio dire, di una disponibilità inferiore rispetto a quella che è la domanda da parte delle aziende.

Per le organizzazioni questo si traduce nell'incapacità, o in una grande difficoltà, nel ricoprire le posizioni vacanti o nel trovare talenti con le giuste competenze da inserire in organico.

quali sono le cause del talent shortage e skill shortage?

Sono molteplici le cause che hanno contribuito in questi anni ad alimentare il fenomeno del talent e skill shortage.

Alcune, in parte, le abbiamo già accennate, altre derivano dai cambiamenti tecnologici e digitali che stanno investendo il mondo del lavoro con un ritmo sempre più alto.

Prima di mettere in atto nuove strategie, è importante conoscere le cause della carenza di lavoratori e competenze qualificate e delle motivazioni che spingono i lavoratori a cercare un nuovo lavoro. Solo comprendendole, infatti, sarà possibile sviluppare strategie HR ad hoc.

retribuzione e benefit non soddisfacenti.

Secondo i dati della Randstad Employer Brand Research retribuzione e benefit sono un fattore importante nella scelta di un datore di lavoro. Soprattutto in questo particolare momento di difficoltà. Non a caso:

  • retribuzione e benefit interessanti sono tra i 5 driver più importanti nella scelta di un datore di lavoro (54,5%)

  • i benefit, sia materiali che immateriali, sono considerati molto importanti dai lavoratori italiani (81% per entrambi)

  • 4 dipendenti su 10 hanno lasciato o prenderebbero in considerazione di lasciare il loro datore di lavoro a causa di una retribuzione troppo bassa, visto l'aumento del costo della vita

  • il 18% dei dipendenti lascerebbe il lavoro per una mancanza/insufficiente offerta di benefit 

disallineamento rispetto ai valori di riferimento.

Un altro fattore molto importante, che influisce sui fenomeni del talent e skill shortage, è la corrispondenza tra i propri valori di riferimento e quelli del datore di lavoro. In particolare per quanto riguarda i temi sociali e ambientali e soprattutto tra i giovani, meno disposti a mettere in discussione ciò in cui credono.

Secondo i dati:

  • per il 79% degli italiani i valori e gli obiettivi dell’azienda sono rilevanti per giudicare un posto di lavoro
  • il 48% non accetterebbe un lavoro se non sentisse un senso di appartenenza
  • il 41% se l'organizzazione non si stesse impegnando in maniera proattiva per migliorare la diversità e l'equità
  • il 40% se non si stesse impegnando per essere più sostenibile
  • il 35% se non fosse in linea con i suoi valori su questioni sociali ed ambientali.

flessibilità e work-life balance.

Tra i lavoratori cresce sempre più anche la richiesta di una maggiore flessibilità e di un migliore equilibrio tra vita professionale e privata.

L'83% dei lavoratori italiani, infatti, auspica una flessibilità di orario e il 72% di luogo. Ma le aziende la offrono solo, rispettivamente, nel 45% e nel 44% dei casi. Con il risultato che un 23% di lavoratori ha già lasciato un lavoro che non offriva una sufficienti garanzie da questo punto di vista, mentre nel 35% dei casi per l’orario e 33% per il luogo, questo diventa un buon motivo per rifiutare una nuova offerta.

Allo stesso tempo, nonostante incertezza del panorama globale, i lavoratori moderano, ma non intendono rinunciare alla ricerca di una migliore qualità della vita, connessa a quella del lavoro. Infatti:

  • Il 58% dei lavoratori italiani non accetterebbe un lavoro che influisse negativamente sull’equilibrio vita-lavoro (soprattutto i giovani)

  • il 33% afferma di aver lasciato il precedente lavoro perché “non si adattava alla sua vita personale”.

ambizioni professionali frustrate.

Le ambizioni professionali dei lavoratori risultano spesso frustrate. Se è vero che per l'82% dei dipendenti italiani l'offerta di opportunità di riqualificazione e/o miglioramento delle competenze è importante, solo il 50% dei lavoratori ritiene che gli vengano offerte tali opportunità. 

Un’ insoddisfazione che, per il 28% degli intervistati diventa un buon motivo per lasciare il proprio lavoro, alla ricerca di un'azienda che offra le giuste opportunità di formazione e sviluppo, utili a consolidare il proprio ruolo professionale, sviluppare competenze tecniche e/o digitali e soft skill.

difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti tecnologici.

Un fattore determinante nella carenza di competenze sono le difficoltà a integrare sul posto di lavoro tecnologie avanzate come, ad esempio, intelligenza artificiale e sistemi automatizzati.

Se da un lato, infatti, questi sviluppi sono sicuramente in grado di snellire i processi aziendali e migliorarne l’efficienza, dall’altro le nuove tecnologie richiedono lavoratori con competenze sempre più specifiche, necessarie per poterle utilizzare al meglio.

Se consideriamo che, secondo gli studi, il 30% degli attuali posti di lavoro in tutto il mondo potrebbe essere automatizzato entro il 2030, vi sarà la necessità di formare e riqualificare milioni di lavoratori in ambito tecnologico e digitale, così come di ripensare alle proprie esigenze di assunzione per cercare candidati che non abbiano solo le giuste competenze, ma anche soft skills rilevanti e umano-centriche che la tecnologia non può fornire.

quali sono i settori più colpiti dalla carenza di talenti?

L’industria manifatturiera, a livello globale, è il settore che più sta patendo la carenza di manodopera. Negli Stati Uniti, le stime parlano di oltre due milioni di posti di lavoro scoperti entro il 2030. A seguire, subito dopo il manifatturiero, c’è la logistica, mentre al terzo posto spicca il settore sanitario, pesantemente fiaccato dalle difficoltà degli ultimi anni.

Per quanto riguarda il contesto italiano, invece, secondo gli ultimi dati messi a disposizione dell’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono i settori maggiormente colpiti. Tra i profili più difficili da reperire ci sarebbero:

  • gli specialisti in scienze della vita (il 76,1% è di difficile reperimento)
  • gli specialisti in scienze matematiche, informatiche e scientifiche (55,2%)
  • i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (64,2%)
  • i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (58,9%)
  • i tecnici della salute (57,1%) 
  • i tecnici ingegneristici (56%).

Di difficile reperimento per le imprese risulterebbero anche gli operai specializzati, in particolare quando si tratta di

  • fonditori e saldatori
  • fabbri ferrai e costruttori utensili
  • operai addetti alle rifiniture delle costruzioni
  • meccanici artigianali
  • montatori
  • riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili. 

Seguono le professioni tecniche, i dirigenti e le professioni intellettuali, scientifiche e ad elevata specializzazione.

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come affrontare talent e skill shortage?

Comprese quelle che sono le motivazioni della carenza di lavoratori e competenze qualificate è importante agire per rispondere tempestivamente alle nuove istanze e necessità, al fine di attrarre e trattenere i talenti.

Centrale, infatti, nella nuova normalità, porre le proprie persone al centro delle strategie HR, favorire un eccellente talent experience, e valorizzare quelli che sono gli aspetti più importanti nella scelta di un datore di lavoro, tra cui:

  • equilibrio tra lavoro e vita privata
  • atmosfera di lavoro piacevole
  • retribuzione e benefit interessanti 
  • sicurezza del posto di lavoro
  • visibilità del percorso di carriera
  • formazione e possibilità di sviluppo

Vediamo dunque alcune strategie che le aziende possono mettere in campo per far fronte a talent e skill shortage.

porre le esigenze dei dipendenti al centro delle strategie aziendali.

Il primo aspetto da considerare se si intende attrarre, acquisire e fidelizzare i migliori talenti è, come detto sopra, dare risposta ai loro bisogni e aspettative. Un aspetto che, oltre a garantire un giusto riconoscimento per il lavoro e l’impegno svolto dai propri dipendenti, può consentire all’azienda di ottenere un notevole vantaggio competitivo in termini di reclutamento e retention.

Questo, in concreto, significa lavorare sulla propria proposta di valore (EVP - employee value proposition) e, di conseguenza, sulla propria strategia di employer branding e talent acquisition. 

investire nella formazione dei dipendenti.

Altro punto fondamentale, nell’attuale mercato del lavoro, è la possibilità costante di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale.

Un benefit che, da un lato, riconosce il valore dell’individuo e ha lo scopo di sostenerlo nella sua carriera lavorativa e nel raggiungimento dei suoi obiettivi e, dall’altro, risponde anche alla necessità delle aziende di potersi garantire le competenze necessarie per il futuro.

creare empatia costruendo legami autentici.

Parlando di una buona atmosfera lavorativa, un altro fattore di grande rilevanza risiede nel garantire benessere, fisico e mentale, ai propri lavoratori. Le aziende, a questo proposito, devono saper reinventare la propria cultura per far fronte alle mutevoli esigenze del personale. 

Una cultura aziendale incentrata sull'empatia, ad esempio, ha molte più probabilità di generare una maggiore fidelizzazione e soddisfazione sul lavoro e ha un effetto più duraturo sull'umore rispetto alla retribuzione.

ampliare il mercato dei talenti per favorire la mobilità interna.

Un aspetto intrinsecamente legato alle skill, ma anche a nuove opportunità di carriera per i propri lavoratori è sicuramente la mobilità interna. Permettendo ai dipendenti di aumentare, aggiornare o riqualificare le proprie competenze e di selezionare progetti interessanti è possibile migliorare la fidelizzazione e dimostrare al personale che la crescita è importante.

I programmi di mobilità interna, inoltre, hanno indubbi vantaggi anche per l’azienda in quanto possono ridurre significativamente i costi di recruiting e onboarding, accorciando i tempi necessari per raggiungere la produttività e fidelizzare il personale

tutelare diversità, equità e inclusione.

Una buona atmosfera lavorativa si rispecchia anche nella capacità dell’azienda di valorizzare ogni individuo. A questo proposito, sostenere e investire nella diversità, equità e inclusione deve divenire parte integrante della strategia HR e delle pratiche dell’azienda nel suo complesso.

concentrarsi sull’esperienza del personale per attrarre i talenti.

Anche offrire una talent experience di ottimo livello dovrebbe essere considerato un aspetto fondamentale della propria strategia HR. Offrire un’esperienza positiva dal primo momento di scoperta dell’azienda, per tutta la durata del rapporto tra organizzazione e lavoratore e, eventualmente, anche in seguito alla decisione di uscita dalla stessa è un aspetto fondamentale, che dà un’idea immediata del valore che le persone hanno per l’azienda.

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