I buoni pasto sono un benefit molto apprezzato dai dipendenti di tutto il mondo. E le imprese non possono perdere tutti i vantaggi che ne derivano. Detti anche ticket restaurant, i buoni pasto sono erogati dalle aziende ai dipendenti per sostituire il servizio di mensa. Si tratta, in altre parole, di un’integrazione di reddito che va a coprire le spese che il lavoratore normalmente sosterrebbe per consumare un pasto a cavallo con l’orario di lavoro. 

Cosa sono i buoni pasto?

I buoni pasto possono essere in forma cartacea o elettronica, con un valore che può andare dai 2 ai 10 euro. Nel caso non vi siano nelle vicinanze dell’azienda bar o ristoranti dove “spendere” i buoni, ai dipendenti è corrisposta una somma pari al valore del buono che costituisce indennità sostitutiva di mensa. La norma definisce le tipologie di esercenti presso cui il lavoratore può utilizzare i buoni:

  • Mense aziendali e interaziendali
  • Bar e ristoranti
  • Supermercati, alimentari, mercati e mercatini (esercizi di vendita al dettaglio e al consumo sul posto di prodotti di imprenditori e coltivatori agricoli)  
  • Agriturismi e ittiturismi
  • Spacci aziendali di prodotti alimentari

Mentre in precedenza la legge prevedeva la non cumulabilità dei buoni pasto, con il nuovo DM del 2017 viene stabilito che si possono utilizzare insieme fino a 8 ticket. Il decreto stabilisce, inoltre, che i buoni non possono essere convertiti in denaro e che debbono essere utilizzati per l’intero valore riportato sul buono stesso, quindi non sarà possibile ricevere “il resto”. Ma come funzionano i buoni pasto elettronici? Per i voucher elettronici non c'è alcuna differenza rispetto a quanto definito per quelli cartacei. 

Analizziamo ora come funzionano i buoni pasto e qual è la loro tassazione. 

A chi spettano i buoni pasto?

Quando in un’azienda non è presente un servizio di mensa, il ricorso ai buoni pasti per sostituire una forma di vitto fornito ai dipendenti è una pratica molto in uso, a meno che l’azienda stessa non preferisca appaltare il servizio a una mensa esterna.

In ogni caso, anche qualora sia presente una mensa interna alla struttura azienda, il datore di lavoro può comunque fare ricorso all’utilizzo di buoni pasto per una particolare categoria di lavoratori, specialmente se ritenuti più convenienti a livello economico.

Non vi sono restrizioni inoltre per quanto riguarda il tipo di contratto. Ad esempio, anche i lavoratori part time, se l’orario di lavoro comprende la fascia oraria del pasto o se l’abitazione del dipendente è molto distante dall’azienda, possono usufruire di buoni pasto. Questo tipo di indennità per i dipendenti costituisce in molti casi una forte motivazione per restare in un’azienda o accettare un lavoro in un’impresa che la prevede.

In generale, secondo quanto si legge all’art. 4 del Decreto Ministeriale del 7 giugno 2017, i ticket potranno essere utilizzati esclusivamente dai lavoratori subordinati, a tempo parziale o a tempo pieno, anche nel caso in cui l’orario di lavoro non preveda una pausa pranzo, e dai soggetti “che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”.



Lo stesso articolo specifica che i buoni pasto non potranno essere ceduti a coniugi, figli e parenti, poiché solamente il titolare potrà farne uso. Per questo, nei ticket cartacei dev’essere previsto uno spazio per la firma del titolare e uno per l’apposizione della data di utilizzo. Per quanto riguarda i ticket elettronici, invece, la firma del titolare sarà sostituita da un numero o un codice identificativo.

La normativa sulla tassazione dei buoni pasto

Infine, per quanto riguarda la tassazione dei buoni pasto, il testo emanato dal MISE prevede che i voucher cartacei fino al valore di 5,29 euro al giorno e i ticket elettronici fino a 7 euro non debbano essere sottoposti a tassazione e a contribuzione previdenziale, così come stabilito dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, poiché i buoni pasto fino a tali importi non concorrono a formare reddito.

Infine, vi sono novità anche per quanto riguarda l’indennità sostitutiva di mensa, ovvero, la monetizzazione dei buoni pasti in caso non vi siano strutture vicine all’azienda dove spenderli.

In questo caso si tratta di un reddito esentasse fino a un massimo di 5,29 €, ma ciò che è valido solo se sussistono le seguenti condizioni:

  • Orario di lavoro che comprenda una pausa per il vitto
  • Assegnazione stabile  a un’unità produttiva
  • Unità produttiva da cui non sia possibile raggiungere senza l’utilizzo di mezzi di trasporto un luogo di ristorazione.

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