La maternità è uno dei momenti più importanti nella vita di una donna, ricco di emozioni, cambiamenti e decisioni importanti che toccano non solo la sfera personale e familiare, ma anche quella lavorativa.

Quando questa fase della vita coincide con la disoccupazione, può creare ulteriori preoccupazioni e incertezze, rendendo ancora più complessa la gestione di un periodo già di per sé molto delicato.

L’ordinamento italiano prevede diverse misure di sostegno per le donne che diventano madri in una condizione di fragilità occupazionale, con l’obiettivo di aiutarle ad affrontare la maternità con maggiore serenità.

In questo articolo vedremo come funziona la NASpI in maternità, cosa succede in caso di gravidanza durante la disoccupazione e come gestire al meglio gli aspetti pratici e burocratici legati a questa delicata fase della vita professionale e personale di una donna.

donna con gli occhiali seduta
donna con gli occhiali seduta

come funziona la NASpI in maternità?

La NASpI – Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego - è l’indennità mensile di disoccupazione erogata dallo Stato italiano ai lavoratori dipendenti che perdono involontariamente il lavoro. 

Si tratta di una misura di sostegno economico che accompagna la persona disoccupata per un periodo di tempo determinato, calcolato in base alle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni.

Cosa succede se si resta incinta durante la NASpI? In caso di gravidanza mentre si percepisce l’assegno di disoccupazione, la NASpI non viene annullata né modificata nei suoi importi o nella durata complessiva, ma può essere temporaneamente sospesa e sostituita da un altro sussidio: l’indennità di maternità.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 24 del Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e in godimento dell'indennità di disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anziché della Naspi (che approfondiremo meglio nel paragrafo successivo).

Durante i cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro - due prima e tre dopo il parto, salvo eccezioni - è l’indennità di maternità a essere versata direttamente dall’INPS, sostituendo di fatto la NASpI.

Terminato il periodo di astensione obbligatoria, la NASpI riprende automaticamente e continuerà a essere erogata fino al termine previsto, come stabilito in fase di riconoscimento iniziale dell’indennità di disoccupazione.

astensione obbligatoria dal lavoro in gravidanza.

Per la legge italiana, tutte le lavoratrici dipendenti in stato di gravidanza hanno diritto a un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro della durata complessiva di cinque mesi, suddivisi tra prima e dopo il parto. Questo diritto si applica anche alle donne che percepiscono la NASpI.

Di norma, l’astensione obbligatoria inizia due mesi prima della data presunta del parto e prosegue per i tre mesi successivi alla nascita del bambino. Tuttavia, la normativa consente una certa flessibilità: la lavoratrice può scegliere, su indicazione medica e con approvazione dell’ASL, di posticipare di un mese l’inizio dell’astensione obbligatoria, lavorando fino al nono mese di gravidanza e prolungando così il congedo post-parto da tre a quattro mesi.

La data di inizio dell’astensione obbligatoria è particolarmente importante per chi percepisce la NASpI, perché da quel momento l’indennità di disoccupazione può essere sospesa e sostituita con l’indennità di maternità.

La principale differenza rispetto alle lavoratrici con contratto attivo è che chi percepisce la NASpI non ha accesso al congedo parentale (conosciuto anche come maternità facoltativa), che consente alle dipendenti in servizio di prolungare l’astensione dal lavoro per altri sei mesi.

Per chi è disoccupata, dunque, l’indennità di maternità si limita esclusivamente ai cinque mesi previsti dalla maternità obbligatoria, dopodiché riprende il pagamento della NASpI residua.

quanto si prende di NASpI in maternità?

Per le donne in gravidanza che percepiscono la NASpI, l’importo dell’indennità di maternità è calcolato con le stesse modalità previste per le lavoratrici con contratto attivo. L’INPS, infatti, riconosce un’indennità pari all’80% della retribuzione giornaliera percepita prima della disoccupazione, calcolata sulla base dell’ultima busta paga.

come si calcola la maternità in disoccupazione.

Il calcolo dell’indennità di maternità durante la disoccupazione è piuttosto semplice. L’importo spettante corrisponde all’80% della retribuzione media giornaliera percepita durante l’ultimo impiego. 

chi è in disoccupazione ha diritto alla maternità?

Sì, anche le donne che al momento dell’inizio dell’astensione obbligatoria dal lavoro siano già titolari della NASpI hanno diritto all’indennità di maternità. Si tratta di una tutela garantita dall’ordinamento italiano per assicurare continuità nel sostegno economico durante la gravidanza, anche in assenza di un contratto di lavoro attivo.

Tuttavia, va precisato che le due indennità non sono cumulabili: l’erogazione della NASpI viene sospesa e sostituita dall’indennità di maternità per tutta la durata dell’astensione obbligatoria dal lavoro, ovvero per cinque mesi.

cosa succede se rimango incinta in NASpI?

Se rimani incinta mentre stai percependo la NASpI, hai diritto a sospendere temporaneamente l’indennità di disoccupazione per ricevere, per cinque mesi, l’indennità di maternità. 

A differenza delle lavoratrici con contratto attivo, che ricevono l’indennità di maternità dal proprio datore di lavoro, in caso di disoccupazione è l’INPS a erogare il sussidio, garantendo alle madri disoccupate gli stessi diritti delle lavoratrici in servizio.

Non è invece prevista, per le mamme in NASpI, la maternità facoltativa, ovvero quel periodo di sei mesi che può seguire i cinque mesi di maternità obbligatoria e che consente alle lavoratrici dipendenti di restare a casa con il proprio figlio, percependo però solo il 30% dello stipendio.

cos'è e come funziona la NASpI in maternità?

Le donne in gravidanza, o che hanno appena avuto un figlio, possono usufruire della NASpI nel caso decidano di smettere di lavorare e, dunque, di dare volontariamente le dimissioni per prendersi cura del neonato o per trascorrere il periodo della gravidanza più serenamente.

In particolare, il diritto ad accedere a questo ammortizzatore sociale riguarda le madri lavoratrici dipendenti del settore privato che decidono di interrompere l’attività lavorativa prima o dopo il parto, indipendentemente dal tipo di contratto, determinato o indeterminato. Sono incluse anche coloro che hanno scelto di lavorare part-time.

Nello specifico, è possibile fare domanda per la NASpI a partire da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento di 1 anno di vita del figlio. Lo stesso vale per il padre lavoratore durante il congedo di paternità obbligatorio o alternativo e fino al primo anno di età del bambino.

Le donne che decidono di smettere di lavorare in vista del parto, o subito dopo, e che possiedano i requisiti necessari per usufruire della NASpI avranno diritto a un sostegno economico per un periodo di tempo pari alla metà delle settimane di contributi versati nei quattro anni che precedono la richiesta volontaria di dimissioni. Ad esempio, se la donna ha lavorato senza interruzione in quegli stessi anni, avrà diritto a due anni di indennità.

perdita del lavoro in gravidanza: cosa succede?

La legge italiana tutela le lavoratrici durante la gravidanza, soprattutto nei confronti di eventuali licenziamenti. L’articolo 54 del Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 stabilisce infatti che il licenziamento è vietato dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, salvo alcune eccezioni.

Esistono infatti delle deroghe al divieto, che consentono al datore di lavoro di licenziare la lavoratrice incinta nei seguenti casi:

  • colpa grave, tale da costituire giusta causa di licenziamento;
  • cessazione dell’attività aziendale;
  • scadenza di un contratto a termine o conclusione della prestazione per cui la lavoratrice era stata assunta;
  • esito negativo del periodo di prova (fermo restando il divieto di discriminazione).

Cosa accade se si perde il lavoro mentre si è in gravidanza? Come stabilito dall’art. 24 del Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, le lavoratrici gestanti che risultano sospese o disoccupate all’inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro possono accedere all’indennità giornaliera di maternità, a determinate condizioni.

In particolare, per avere diritto all’indennità, devono essere trascorsi non più di 60 giorni tra l’inizio dello stato di disoccupazione (o sospensione dal lavoro) e l’inizio del periodo di maternità. Se il termine supera i 60 giorni, l’unico modo per accedere all’indennità è richiedere la NASpI, che verrà poi sospesa nei cinque mesi di maternità obbligatoria, come descritto nei paragrafi precedenti.

Qualora la lavoratrice non percepisca l’indennità di disoccupazione perché nell’ultimo biennio ha effettuato attività lavorativa presso terzi non soggetti all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all’indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell’astensione obbligatoria, non siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro e, nell’ultimo biennio che precede tale periodo, risultino versati o dovuti a suo favore almeno 26 contributi settimanali.

Scopri di più su maternità e lavoro.

dimissioni in gravidanza: si può accedere alla NASpI?

La normativa italiana tutela le lavoratrici in gravidanza anche in caso di dimissioni. In particolare, l’articolo 54 del Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 prevede che, nel cosiddetto “periodo protetto” - che va dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino - la lavoratrice che decide di dimettersi può farlo a condizioni agevolate.

Tra le principali tutele previste dalla legge vi è l’esenzione dall’obbligo di preavviso: la lavoratrice può dimettersi in qualsiasi momento senza dover rispettare i termini di preavviso normalmente richiesti. Nonostante l’assenza del preavviso, alla lavoratrice spetta comunque l’indennità sostitutiva, che dovrà essere versata dal datore di lavoro, come accadrebbe in caso di licenziamento.

Ma soprattutto, in caso di dimissioni durante la maternità, la lavoratrice ha diritto alla NASpI, alle stesse condizioni previste per un lavoratore licenziato. 

Affinché le dimissioni siano considerate valide, la lavoratrice deve però confermarle personalmente presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro territorialmente competente. Questa procedura obbligatoria ha lo scopo di proteggere la lavoratrice da eventuali pressioni o dimissioni non volontarie e sostituisce l’ordinaria procedura telematica prevista in altri casi.

Il datore di lavoro è tenuto a versare il cosiddetto “ticket di licenziamento”, un contributo economico che serve a finanziare la NASpI e che viene normalmente richiesto in caso di licenziamento. Questo aspetto garantisce che la lavoratrice sia trattata come qualsiasi altro lavoratore che perde il lavoro involontariamente.

come avanzare la domanda di indennità di maternità?

Per richiedere l’indennità di maternità durante il periodo in cui si percepisce la NASpI, è necessario inviare apposita domanda all’INPS tramite i servizi online disponibili sul portale ufficiale.

Al contempo, la lavoratrice deve comunicare all’INPS l’interruzione temporanea della NASpI, che verrà sospesa per l’intera durata dell’astensione obbligatoria dal lavoro e sostituita dall’indennità di maternità. 

Per evitare errori o ritardi, è fortemente consigliato rivolgersi a un Patronato, che può assistere nella compilazione e nell’invio della documentazione in modo corretto.

In entrambi i casi, sarà necessario allegare un certificato medico che attesti lo stato di gravidanza e indichi la data presunta del parto. Questo documento è essenziale per determinare l’inizio del periodo di maternità e calcolare con precisione la durata dell'astensione obbligatoria dal lavoro.

gravidanza a rischio.

Anche in caso di gravidanza a rischio, le tutele per chi percepisce la NASpI sono molto simili a quelle previste per le lavoratrici con contratto attivo. Se una condizione medica compromette la salute della madre o del nascituro, è possibile richiedere la maternità anticipata, cioè l’accesso all’indennità di maternità prima del consueto inizio del settimo mese di gravidanza.

L’importo dell’indennità rimane pari all’80% della retribuzione giornaliera dell’ultimo impiego, secondo le modalità di calcolo ordinarie.

malattia.

In caso di malattia insorta durante la percezione della NASpi, ma comunque entro 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, la prestazione di disoccupazione viene sospesa per tutta la durata dell’indennità di malattia per poi essere ripristinata per la parte residua dal momento della ripresa della capacità lavorativa.

Per farlo, i percettori NASpI devono inviare una comunicazione all’INPS e presentare apposito certificato medico. La malattia deve essere tale da compromettere la capacità lavorativa, e quindi incompatibile con lo stato di “disponibilità al lavoro” richiesto per mantenere il diritto all’indennità di disoccupazione.

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