Quando un lavoratore ha bisogno di verificare, magari in seguito ad un aumento salariale, il proprio stipendio netto, è necessario individuare in primo luogo il totale lordo spettante in busta paga, che è la sommatoria di tutte le competenze dovute meno le trattenute. Una volta individuata tale retribuzione lorda è necessario calcolare i contributi previdenziali a carico del lavoratore sull’imponibile previdenziale.

Successivamente occorrerà determinare l’imponibile fiscale ( che rappresenta la base di calcolo dell’imposta lorda)  ed è dato dall’imponibile previdenziale non arrotondato meno i contributi previdenziali.

Attraverso l’imponibile fiscale ed in base alle aliquote IRPEF progressive, si arriva alla determinazione dell’imposta lorda. 

L’imposta lorda meno le detrazioni, da lavoro dipendente ed eventualmente per coniuge/figli o altri familiari a carico, determinerà l'imposta netta.Ma procediamo per gradi.

Come è composta la busta paga?

La busta paga è composta di quattro parti:

  • Testata, in cui sono contenuti i dati anagrafici del datore di lavoro e del lavoratore nonché i dati che qualificano il rapporto di lavoro; 
  • Corpo in cui, oltre al alcune note quali ad esempio eventuale percentuale del PT, giorni di detrazione, informazioni Assegno al Nucleo Familiare, troviamo, principalmente, tutto ciò che viene erogato e trattenuto al lavoratore, nonché eventuali importi figurativi fonte di informazioni utili (a titolo esemplificativo la retribuzione utile al Tfr, rateo mensile del Tfr) ovvero importi che pur non essendo erogati o trattenuti concorrono a formare reddito aumentando gli imponibili previdenziali e fiscali ( ad esempio i fringe benefits con valore superiore a 258,23 euro);
  • Sezione contributiva e fiscale, in cui sono evidenziate le relative trattenute fiscali e previdenziali;
  • Retribuzione netta.

In questa sede ci soffermeremo sulla terza sezione essendo la più complessa perché riassume tutti i dati numerici correlati a sigle e nomi spesso non conosciuti da tutti, ed è costituita dai contributi INPS, dalle imposte e dalle detrazioni.

Contributi INPS

I contributi INPS vengono pagati in parte dal lavoratore e in parte dall’azienda.

L’aliquota contributiva vigente a carico del lavoratore è tendenzialmente pari a 9,19% (le aliquote variano però a seconda del CCNL e del settore: ( ad esempio Commercio e terziario: 9,19% - Metalmeccanico industria: se inferiore a 15 dipendenti 9,19% se superiore 9,49% - Dirigenti commercio e industria: 9,19%) Sulla parte eccedente i 3.844,00 Euro mensili e i 46.123,00 Euro annui, il dipendente deve pagare inoltre all’INPS una quota aggiuntiva dell’ 1%.

Per alcuni dipendenti può esserci una contribuzione aggiuntiva legata ad iscrizione a previdenza complementare o a fondi di categoria (destinazione TFR). Tale contributo previdenziale deve essere sottratto dall’imponibile previdenziale per ottenere quello che è il vero imponibile fiscale, insieme anche a malattie e maternità. 

Una volta individuato l’imponibile fiscale, si procede con il calcolo dell'IRPEF, l'imposta sul reddito delle persone fisiche, conteggiata in base ad una percentuale proporzionata al reddito stesso e variabile tra il 27% e il 43%. 

Ad attenuare l'onere fiscale delle addizionali, ci sono gli eventuali aggiustamenti relativi alle eventuali detrazioni fiscali. Quest’ultime sono degli importi che vengono calcolati in base allo stato del lavoratore in particolari condizioni e rappresentano una sorta di “sconto” sul carico tributario. 

Le detrazioni possono essere di tre tipi: quelle da lavoro dipendente, quelle relative ad un coniuge non separato legalmente, ed infine le detrazioni per figli a carico.

Tuttavia l'onere fiscale non finisce qui, perché subito dopo si leggono altre due voci relative ad ulteriori trattenute: quelle che vengono definite come addizionale regionale e addizionale comunale. Queste due tasse, come dice il nome, vengono calcolate in base alla regione e al comune di appartenenza e sul calcolo di aliquote che cambiano da luogo a luogo.

Il bonus Renzi

Un'ultima voce che va sommata per chi non supera la soglia di reddito complessivo di 26.000 euro è il cosiddetto Bonus Renzi, un credito IRPEF pari a 80 euro mensili.

Tra le novità previste dalla Legge di Bilancio 2018, si segnala l’innalzamento di 600 euro delle soglie reddituali massime previste per poter accedere al beneficio del Bonus Irpef in busta paga. La novità introdotta è diretta conseguenza del rinnovo dei contratti del pubblico impiego e dei relativi aumenti salariali. Ciò che al momento appare evidente è l’effetto positivo per il settore privato: anche se la modifica si è resa necessaria per far fronte all’esigenza emersa nel settore pubblico (essendo l’intervento strutturale) il beneficio che ne deriva è esteso a tutta la platea dei possibili fruitori, che non dovranno pertanto superare la soglia di reddito complessivo di 26600 Euro.

Si arriva così alla determinazione della retribuzione netta che è la somma effettivamente percepita dal dipendente ed è pari alla retribuzione lorda meno oneri sociali e ritenute fiscali e meno eventuali trattenute sul netto (es. pignoramenti, trattenute sindacali, multe, ecc).

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