Nel 1991 usciva nelle librerie "Generation X: Tales for an Accelerated Culture" di Douglas Coupland. Il romanzo, che racconta la storia di tre giovani in fuga da una vita convenzionale, ebbe un enorme successo e contribuì a definire l’identità della generazione successiva ai Baby Boomer. La "X" del titolo simboleggia proprio l’assenza di un’identità sociale chiara e riconoscibile, tratto distintivo dei nati tra il 1965 e il 1980.
Cresciuti in un periodo storico di transizione, segnato dalla caduta del muro di Berlino e dalla fine della Guerra Fredda, gli appartenenti a questa generazione hanno in realtà le idee chiare quando si tratta di lavoro.
I dati dell’Employer Brand Research e del Randstad Workmonitor ne tracciano il profilo, definendo cosa cercano in ambito professionale e quali siano i fattori sui quali puntare per attrarre o trattenere in azienda il loro mix di creatività ed esperienza.
Randstad Employer Brand Research.
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chi è la generazione X.
La generazione X comprende i nati tra il 1965 e il 1980. Si parla di “generazione invisibile”, cresciuta all’ombra dei Boomer, in un certo senso schiacciata dalla loro forte identità.
Le persone che ne fanno parte hanno vissuto un periodo di austerità e di forti tensioni politiche e sociali. In Italia, hanno assistito ai rapimenti del terrorismo rosso e alle stragi del terrorismo nero. In tutta Europa e in America del Nord, alla deregolamentazione del mercato voluta da Margaret Thatcher e Ronald Reagan, alla quale è conseguita una crescente precarietà del mondo del lavoro.
Ciò significa che, in Occidente, la generazione X ha vissuto in prima persona il passaggio dal contratto di lavoro stabile ad una flessibilità che spesso si traduce in un’assenza di garanzie e di continuità.
Numericamente meno rappresentata rispetto ai Boomer, la gen X è anche figlia di un calo demografico molto importante: dopo il baby boom del dopoguerra, il tasso di natalità è crollato tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta.
Questa generazione è stata la prima a sperimentare la rivoluzione digitale in età adulta: ha assistito all’arrivo dei primi personal computer, di Internet, dei telefoni cellulari, adattandosi progressivamente all’innovazione senza però esserne nativa.
In ambito lavorativo, le persone che ne fanno parte sono spesso considerate un “ponte” tra seniority e giovani generazioni. Possiedono esperienza, spirito critico, autonomia e pragmatismo, ma anche apertura al cambiamento. Sono cresciuti con l’idea che il merito e la competenza possano fare la differenza e, per questo, sono spesso molto esigenti verso se stessi e verso l’azienda in cui operano.
che cosa cerca la generazione X al lavoro.
L’Employer Brand Research di Randstad offre un’interessante panoramica su ciò che le diverse generazioni cercano al lavoro.
Tra i principali driver che guidano la scelta di un datore di lavoro per la gen X troviamo, in cima alla lista, l’equilibrio tra vita privata e lavoro: frutto di un’esperienza maturata in anni in cui la cultura del lavoro era fortemente orientata al sacrificio e alla produttività. Oggi gli appartenenti a questa generazione sono più consapevoli dell’importanza del tempo personale, della salute mentale e di un’organizzazione del lavoro che permetta di non dover scegliere tra ambizione e benessere.
Al work-life balance si affianca un altro fattore determinante: atmosfera di lavoro piacevole. La gen X cerca ambienti collaborativi, rispettosi e stimolanti, dove la competizione non si trasformi in conflitto e dove la cultura aziendale premi il dialogo, la partecipazione e l’autenticità.
Un altro driver importante nella scelta del datore di lavoro è la retribuzione. Pur non essendo motivata esclusivamente dal guadagno, la gen X considera la retribuzione e i benefit elementi fondamentali di riconoscimento del proprio impegno e del proprio valore.
Queste evidenze trovano piena conferma anche nei dati emersi dall’ultima edizione del Randstad Workmonitor un’indagine realizzata in oltre 30 Paesi che analizza il rapporto dei lavoratori con il mondo del lavoro e i cambiamenti in atto nel mercato occupazionale.
Secondo la ricerca, tra i fattori più importanti per i lavoratori della gen X quando valutano un impiego al primo posto c’è ancora una volta il bilanciamento tra lavoro e vita privata, indicato come prioritario dall’89% dei rispondenti.
Immediatamente dopo c’è la sicurezza del lavoro, considerata fondamentale dall’88% dei partecipanti al sondaggio. È la percentuale più alta registrata tra le generazioni prese in esame, a conferma di un bisogno di stabilità nato anche da esperienze professionali vissute in epoche di forte precarizzazione. Non meno importante è la retribuzione, fondamentale per l’86% degli appartenenti alla gen X (un valore condiviso con i Baby Boomer).
Inoltre, il 76% dei lavoratori reputa importanti le opportunità di formazione e sviluppo, in linea con le altre generazioni. Più della metà (53%) ha inoltre dichiarato che non accetterebbe un lavoro se non offrisse reali possibilità di avanzamento di carriera. Un dato che racconta l’esigenza di continuare a crescere e non restare fermi, anche in età lavorativa più avanzata.
In particolare, tra i temi su cui i lavoratori della gen X vorrebbero essere formati spiccano l’intelligenza artificiale e l’alfabetizzazione informatica e tecnologica. Una scelta che rivela una forte volontà di restare aggiornati su competenze chiave per il futuro e di affrontare con proattività l’impatto delle nuove tecnologie sul lavoro.
Nonostante spesso venga etichettata come “difficile da inquadrare” rispetto ai Boomer o ai Millennials, la generazione X dimostra di avere le idee molto chiare quando si parla di lavoro. Una concretezza che è frutto del mix offerto dall’esperienza acquisita, ma anche da uno sguardo consapevole e proiettato al futuro.
Randstad Workmonitor.
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scopri di piùfocus generazione X: collaborazione e comunità.
Per la generazione X il lavoro è anche uno spazio in cui costruire relazioni e sentirsi parte di qualcosa di più grande. Cresciuti in un periodo di profonde trasformazioni economiche e culturali, i lavoratori nati tra il 1965 e il 1980 riconoscono il valore della collaborazione, della fiducia reciproca e di un ambiente di lavoro coeso. Il senso di comunità non è un “plus”, ma una vera e propria condizione abilitante per lavorare bene e mantenere il proprio equilibrio personale.
Questa visione trova riscontro nei dati emersi dal Randstad Workmonitor 2025, secondo cui per l’89% dei lavoratori della gen X il senso di appartenenza ha un impatto diretto sul proprio benessere mentale. Sentirsi parte di una comunità influisce positivamente sulla salute emotiva e sul livello di coinvolgimento.
Non solo: la collettività rafforza anche la performance. Il 90% degli appartenenti alla generazione X dichiara di lavorare meglio quando avverte un legame con il proprio team, mentre l’89% afferma che conoscere davvero i propri colleghi migliora la qualità del lavoro. La connessione umana non è quindi solo una questione di empatia, ma un driver concreto di produttività.
L’87% dei rispondenti al sondaggio afferma che il proprio lavoro li aiuta a comprendere e collaborare con persone di opinioni e background diversi. Questo dato sottolinea la predisposizione della gen X a muoversi in ambienti eterogenei, interculturali e multigenerazionali e ad adattarsi con intelligenza alle nuove dinamiche del lavoro.
Inoltre, l’84% dei lavoratori appartenenti a questa generazione sostiene di riuscire a costruire legami più autentici con i colleghi quando lavora in presenza, Questo dato suggerisce una certa preferenza per la dimensione fisica del lavoro, vissuta non solo come luogo di produzione, ma come spazio sociale, dove è più semplice creare legami, confrontarsi e crescere insieme.
Il desiderio che il posto di lavoro si configuri come una vera e propria comunità è particolarmente forte tra i lavoratori più senior (89% gen X vs 77% della gen Z). Tuttavia, è interessante osservare come siano soprattutto i più giovani a coltivare rapporti informali anche al di fuori dell’ambiente professionale: il 74% dei Millennials e il 77% della generazione Z dichiarano di frequentare i colleghi anche nel tempo libero, contro appena il 69% della gen X, che si mostra più riservata e meno incline a intrecciare relazioni extraprofessionali.
La Generazione X dimostra un orientamento molto chiaro verso il senso di appartenenza, la collaborazione e le relazioni di fiducia. Per attrarre e valorizzare questi lavoratori, le aziende devono creare ambienti di lavoro sani, promuovere la cultura della cooperazione e investire in iniziative che rafforzino i legami tra persone.