Il trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una somma di denaro che il datore di lavoro accantona mensilmente a favore del lavoratore subordinato. Ma di cosa si tratta esattamente e come si calcola il TFR in busta paga?
In questo articolo vedremo nel dettaglio come si calcola il TFR in busta paga, con un esempio esplicativo su come ricavare il valore netto a partire dal lordo. Racconteremo poi qual è la differenza tra TFR e TFS, in quali casi si può chiedere un anticipo e cosa comporta la scelta di lasciarlo in azienda oppure destinarlo a un Fondo Pensione.
indice dei contenuti:
che cos’è il TFR?
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), disciplinato dall’articolo 2120 del codice civile e comunemente conosciuto come “liquidazione”, è una somma di denaro che il datore di lavoro accantona mensilmente a favore del lavoratore subordinato.
Viene corrisposto alla cessazione del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causa (dimissioni, licenziamento o pensionamento). In determinate situazioni è possibile richiedere un anticipo sul TFR, purché si soddisfino determinati requisiti.
Essendo a tutti gli effetti una componente della retribuzione, è importante sapere come si calcola, per verificare che quanto indicato in busta paga sia corretto e corrisponda all'importo che si ha effettivamente diritto di ricevere.
Il codice civile stabilisce che “tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”. Inoltre, “la quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”.
L’importo così ottenuto “è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente”.
calcolo TFR lordo.
Il primo passo per determinare quale sarà l’importo netto del Trattamento di Fine Rapporto è partire dal calcolo del TFR lordo, che corrisponde alla somma delle quote di TFR accantonate dal datore di lavoro in un anno lavorativo, indicate in busta paga.
Se non si hanno sotto mano le buste paga, è comunque possibile ricavare il TFR lordo seguendo questi passaggi:
- prendere la retribuzione annua lorda (RAL), ovvero il totale delle voci che per legge costituiscono la base per il calcolo della liquidazione. Salvo diverse indicazioni contenute nei contratti collettivi, la RAL comprende tutte le voci retributive corrisposte con continuità in dipendenza del rapporto di lavoro, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese (scopri quali sono gli elementi che compongono la busta paga);
- dividerla per 13,5, come previsto dalla normativa;
- sottrarre dalla RAL il contributo Fondo Adeguamento Pensioni (FAP), pari allo 0,50%, calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Il risultato ottenuto corrisponde all’accantonamento lordo annuale del TFR, che andrà a sommarsi agli accantonamenti (rivalutati) degli anni precedenti, determinando l’importo complessivo del TFR lordo che il lavoratore percepirà alla fine del rapporto di lavoro.
Facciamo un esempio pratico per chiarire il calcolo del TFR lordo. Supponiamo che un lavoratore percepisca nel 2025 una RAL pari a 22.000 euro:
- si parte dividendo la RAL per 13,5 (22.000 ÷ 13,5 = 1.629,63 euro);
- dalla RAL deve essere sottratto il contributo al Fondo Adeguamento Pensioni (FAP), pari allo 0,50% (0,50% di 22.000 = 110 euro);
- la quota di TFR è data da 1.629,63 - 110 = 1.519,63 euro.
Il TFR lordo accantonato dal lavoratore per il 2025 sarà pari a 1.519,63 euro.
calcolo TFR netto.
Per determinare l’importo netto del Trattamento di Fine Rapporto è necessario calcolare e sottrarre la tassazione sul TFR lordo. Per farlo è necessario conoscere:
- base imponibile su cui calcolare l’imposta;
- aliquote e relativi scaglioni IRPEF in vigore nell’anno di cessazione del rapporto di lavoro;
- aliquota media di tassazione;
- imposta netta.
Per ottenere la base imponibile bisogna moltiplicare l’importo lordo del TFR per 12 (coefficiente fisso previsto per legge) e poi dividere il risultato per gli anni di lavoro in cui il TFR è stato maturato.
Una volta ottenuta la base imponibile, si applicano le aliquote IRPEF secondo il principio di progressività. Successivamente, si calcolano l’aliquota media (il rapporto tra l’imposta ottenuta applicando l’aliquota IRPEF e la base imponibile, espresso in percentuale) e l’imposta netta.
Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che un dipendente abbia maturato 30.000 euro di TFR lordo dopo 20 anni di lavoro:
- base imponibile:
30.000 × 12 = 360.000 euro
360.000 ÷ 20 anni = 18.000 euro
- calcolo IRPEF (in base agli scaglioni 2025):
23% su 18.000 euro = 4.140 euro
- aliquota media:
4.140 ÷ 18.000 = 23%
- imposta netta:
30.000 × 23 % = 6.900 euro
Il TFR netto sarà uguale alla differenza tra il TFR lordo e l’imposta netta, dunque: 30.000 - 6.900 = 23.100 euro.
differenza tra TFR e TFS.
La differenza principale tra TFR e TFS (Trattamento di Fine Servizio) riguarda la platea di lavoratori a cui si rivolgono: il TFR è il sistema oggi in uso per tutti i lavoratori subordinati, sia pubblici che privati, assunti con contratto a tempo determinato o indeterminato, mentre il TFS si applica ai dipendenti pubblici assunti entro una certa data.
Più precisamente, il TFS spetta ai dipendenti pubblici a tempo indeterminato assunti prima del 31 dicembre 2000.
A differenza del TFR, che è un accantonamento retributivo, il TFS ha natura previdenziale. Viene calcolato sull’80% della retribuzione annua lorda e segue regole differenti, anche per quanto riguarda i contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro.
La tassazione è regolata da criteri specifici, che cambiano in base alla tipologia di trattamento prevista: indennità di buonuscita, premio di servizio o indennità di anzianità.
anticipo TFR.
In alcuni casi, i lavoratori dipendenti del settore privato possono richiedere un anticipo sul TFR, a condizione che siano rispettati specifici requisiti e che la richiesta sia motivata da esigenze ben precise, indicate dalla normativa vigente.
Anche i dipendenti pubblici che accedono alla pensione anticipata possono richiedere l’anticipo, stipulando un accordo con una banca, secondo modalità previste dalla legge e con l’applicazione di interessi sull’importo erogato.
Nel settore privato, l’anticipo sul TFR può essere richiesto solo al ricorrere di situazioni particolari, tra cui:
- spese sanitarie straordinarie;
- acquisto della prima casa, per sé o per i figli;
- congedo parentale;
- formazione.
Nel caso in cui il TFR venga lasciato in azienda, l’importo anticipabile non può superare il 70% di quanto maturato fino al momento della richiesta. Se, invece, il TFR viene versato in un Fondo Pensione, la percentuale massima richiedibile sale al 75%.
Va infine ricordato che, di norma, l’anticipo del TFR può essere richiesto una sola volta durante il rapporto di lavoro.
TFR in Azienda o in Fondo Pensione.
I lavoratori subordinati del settore privato, entro sei mesi dalla prima assunzione, devono compiere una scelta importante: lasciare il TFR in azienda oppure versarlo in un Fondo Pensione (una forma di previdenza complementare che consente di accumulare un capitale da integrare alla pensione pubblica).
Se entro i termini previsti non viene espressa alcuna preferenza, entra in gioco il meccanismo del silenzio-assenso: il TFR viene destinato in automatico al Fondo Pensione previsto dal CCNL di riferimento.
È bene sapere che l’adesione al Fondo Pensione è irrevocabile. Al contrario, chi lascia il TFR in azienda può cambiare idea in qualsiasi momento e destinare le quote future di TFR a un Fondo Pensione.
La gestione del TFR lasciato in azienda cambia a seconda delle dimensioni dell’impresa:
- se l’azienda ha meno di 50 dipendenti, il TFR viene accantonato direttamente dal datore di lavoro e liquidato al termine del rapporto di lavoro;
- se l’azienda ha 50 o più dipendenti, il datore di lavoro versa ogni mese le quote di TFR al Fondo di Tesoreria INPS. Al momento della cessazione del rapporto di lavoro, l’azienda anticipa l’importo al dipendente e recupera successivamente la somma come credito nei confronti dell’Istituto.
Chi sceglie di destinare il TFR a un Fondo Pensione accantona le quote maturate in un piano di previdenza complementare, dove vengono investite nei mercati finanziari con l’obiettivo di far crescere il capitale nel lungo periodo.
Alle quote di TFR si possono aggiungere eventuali versamenti da parte del lavoratore e, se previsti, anche da parte del datore di lavoro, aumentando così il montante finale e l’importo della pensione integrativa futura.