I datori di lavoro più attenti al benessere organizzativo hanno iniziato ad introdurre una nuova figura in azienda: il Chief Happiness Officer (CHO). Il suo compito non è "rendere felici" i dipendenti, ma creare le condizioni affinché possano lavorare meglio e con più serenità. In un contesto in cui la produttività è sempre più legata al benessere, il CHO diventa un punto di riferimento strategico per favorire un clima aziendale positivo, migliorare la motivazione e rafforzare il legame tra persone e organizzazione.

punti chiave da ricordare:

  • il Chief Happiness Officer è un facilitatore del cambiamento che utilizza la felicità come leva strategica per migliorare clima, performance e coesione interna
  • il suo obiettivo è creare le condizioni affinché le persone possano esprimere appieno il proprio potenziale, sentirsi valorizzate e contribuire al successo dell’organizzazione
  • la felicità è una meta-abilità che si può allenare attraverso pratiche e comportamenti positivi
  • un ambiente di lavoro in cui i talenti sono felici genera innovazione, aumenta la produttività e rafforza la fidelizzazione

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quali sono i compiti del chief happiness officer?

Negli ultimi anni, numerose ricerche internazionali hanno evidenziato un dato allarmante: una parte consistente della forza lavoro mondiale è poco o per nulla coinvolta nelle proprie attività. 

Secondo Gallup, quasi l’80% dei lavoratori non si sente realmente parte dell’organizzazione o è addirittura “attivamente disimpegnato”, ovvero demotivato e distaccato rispetto al proprio lavoro. Un fenomeno che si traduce in calo della produttività e turnover.

La causa principale, come sottolinea sempre Gallup, è che l’engagement viene spesso considerato una responsabilità esclusiva delle risorse umane. Si tende cioè a delegare la gestione del benessere dei talenti al solo reparto HR, senza coinvolgere in modo attivo i leader e i manager che guidano i team.

Eppure, è la leadership a incidere più di ogni altra cosa sul livello di motivazione delle persone. Chi dirige, secondo Gallup, è responsabile fino al 70% del coinvolgimento dei talenti. Questo significa che la cultura organizzativa e il clima aziendale dipendono in larga parte del management, dal modo in cui comunica, ascolta e valorizza le persone.

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Alla luce di questi dati, appare evidente quanto sia urgente per le imprese rivedere le proprie strategie di engagement. È fondamentale che inizino a considerare la felicità dei dipendenti non come un concetto astratto, ma come un indicatore concreto di salute aziendale. Non affrontare questo tema può avere effetti diretti sulla produttività, sul morale e sul successo a lungo termine del business.

Una delle risposte più efficaci a questa esigenza è nominare un Chief Happiness Officer. Il CHO è un leader positivo, una figura ponte tra persone e organizzazione che ha il compito di favorire una trasformazione culturale fondata sul benessere e sulla fiducia. 

La sua missione è creare le condizioni perché i collaboratori possano esprimere appieno il proprio potenziale, diventare più consapevoli e lavorare in un ambiente in cui sentirsi valorizzati, ascoltati e parte integrante di un progetto comune.

La felicità, nella visione del CHO, non è un’emozione, ma una competenza, una meta-abilità che si può allenare attraverso pratiche e comportamenti positivi. Il suo lavoro consiste nel diffondere questa consapevolezza all’interno dell’organizzazione e nel trasformarla in una leva concreta per la crescita individuale e collettiva.

Il Chief Happiness Officer può operare sia all’interno dell’azienda sia come consulente esterno. In entrambi i casi, il suo obiettivo è coinvolgere il top management, le risorse umane e i singoli team per integrare la felicità nelle strategie aziendali.

Dal punto di vista operativo, il CHO:

  • osserva e analizza le dinamiche interne;
  • individua le aree di miglioramento;
  • propone interventi mirati per stimolare collaborazione, ascolto e motivazione. 

Il suo lavoro si fonda sull’ascolto attivo, sulla promozione di relazioni interpersonali sane e sulla costruzione di una cultura basata sulla fiducia reciproca.

Tra i suoi compiti principali rientrano la promozione di politiche di equilibrio vita-lavoro, la creazione di spazi di dialogo tra colleghi e manager, la valorizzazione dei talenti e la prevenzione di stress e conflitti. 

Allo stesso tempo, si occupa di garantire che ogni persona si senta rispettata, che i bisogni fondamentali siano tutelati e che esista un canale di comunicazione aperto attraverso cui esprimere idee, proposte o difficoltà.

Il CHO, inoltre, si impegna a garantire coerenza tra i valori dichiarati e i comportamenti reali dell’organizzazione. La credibilità di un’azienda, infatti, non dipende solo da ciò che comunica, ma da quanto è capace di incarnare nella pratica quotidiana la propria cultura e i propri principi.

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le qualità di un chief happiness officer.

Il Chief Happiness Officer non è soltanto un professionista del benessere, ma un leader capace di ispirare fiducia, guidare il cambiamento e diffondere una cultura positiva e sostenibile. 

Per farlo deve possedere un insieme di qualità specifiche, tra cui:

  • intelligenza emotiva. Prima di guidare gli altri, un CHO deve saper gestire se stesso. L’intelligenza emotiva gli consente di riconoscere e comprendere le proprie emozioni, di mantenere equilibrio anche nelle situazioni più complesse e di comunicare in modo autentico e costruttivo. Questa coerenza interiore lo rende credibile. Le persone si fidano di chi pratica ciò che predica;
  • pensiero strategico e visione del futuro. Un CHO collega trend economici, tecnologici e socio-culturali alle politiche di gestione delle persone. Non si limita a reagire ai cambiamenti. Li anticipa, trasformando scenari futuri in direzioni chiare per benessere, competenze e modelli organizzativi;
  • capacità di leggere la cultura organizzativa. Ogni azienda ha un proprio “DNA”, fatto di valori espliciti e comportamenti impliciti. Il CHO sa interpretarlo con sensibilità e rigore, riconoscendo quali modelli culturali favoriscono la collaborazione e quali invece generano resistenza o stress;
  • capacità di guidare il cambiamento. Il CHO è un facilitatore della trasformazione. Sa promuovere il cambiamento in modo sostenibile, costruendo consenso e favorendo la partecipazione. Non impone rivoluzioni improvvise, ma accompagna leader e team in percorsi graduali che rafforzano la responsabilità condivisa;
  • leadership positiva. È una qualità fondamentale, perché la felicità si diffonde attraverso l’esempio. Il CHO pratica una leadership empatica e collaborativa, capace di ispirare e di stimolare la crescita delle persone. Ascolta, valorizza, riconosce i successi e favorisce un clima di fiducia e di rispetto reciproco;
  • creatività e progettualità. Il CHO non si limita a osservare. Ha la capacità di trasformare idee astratte in pratiche quotidiane che migliorano la vita lavorativa. Sa combinare creatività e metodo per introdurre rituali, strumenti e iniziative che rendono visibile e tangibile la cultura del benessere;
  • concretezza. Una delle qualità che distinguono un CHO efficace è la capacità di misurare l’impatto delle iniziative implementate. È in grado di leggere dati, interpretare indicatori di clima, engagement e performance, e di usare le evidenze per migliorare costantemente i processi. Il suo approccio è pragmatico;
  • capacità relazionale. Un Chief Happiness Officer deve saper costruire relazioni solide. Comunica con chiarezza, crea alleanze e coinvolge tutte le funzioni aziendali in una visione comune. Sa gestire le resistenze e trasformarle in opportunità di crescita e apprendimento.

Il CHO è un professionista che unisce empatia e lucidità, sensibilità umana e visione strategica. Legge il contesto, disegna pratiche efficaci e le integra nei processi, misurandone l’impatto nel tempo. Così la felicità diventa un modo di lavorare che fa bene alle persone. Le sue qualità, prima ancora delle sue azioni, determinano la forza del suo impatto sull’organizzazione.

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i vantaggi di avere un chief happiness officer in azienda.

I vantaggi di inserire un Chief Happiness Officer in azienda sono numerosi, si manifestano in tempi diversi - lungo, medio e breve periodo - e si rafforzano a vicenda:

  • consolidare valori e cultura (lungo periodo). Un CHO aiuta l’azienda a riallineare ciò che dichiara con ciò che fa. Lavorando su valori, comportamenti e simboli, rende il purpose concreto e condiviso. Ciò si traduce in un clima più coeso, in relazioni più rispettose e in una maggiore inclusione. Le persone sentono di contribuire a qualcosa di significativo e di poter essere se stesse senza maschere. Nel tempo questo produce fiducia reciproca e appartenenza. I team diventano comunità più stabili, capaci di auto-organizzarsi nei momenti di complessità. La cultura smette di essere un manifesto appeso al muro e diventa un insieme di pratiche che sostengono la qualità del lavoro e della vita in azienda;
  • efficacia operativa e crescita (medio periodo). Dove esiste una figura che lavora sul benessere e la felicità, le persone lavorano meglio. Comunicano con più chiarezza, si coordinano con meno attriti, prendono decisioni con maggiore responsabilità. Il CHO incoraggia i leader a dare feedback utili, riconoscere i risultati e gestire i conflitti. Questo favorisce iniziativa, innovazione e apprendimento continuo. I team sperimentano, condividono ciò che funziona e correggono in corsa ciò che non funziona. A livello di business, questo significa progetti che avanzano con meno rallentamenti, clienti più soddisfatti e una reputazione di employer credibile che facilita la talent attraction e retention;
  • efficienza e riduzione dei costi “nascosti” (breve periodo). Il lavoro del CHO intercetta e riduce le dispersioni che spesso non compaiono nei conti economici a prima vista (frizioni tra reparti, riunioni inefficaci, micro-conflitti irrisolti, assenze ricorrenti, errori ripetuti per mancanza di passaggi di consegne, …). Con pratiche ad hoc - check-in di squadra, rituali di riconoscimento, spazi di ascolto, chiarezza su priorità e ruoli - si abbassano i livelli di stress, diminuiscono le giornate perse e migliorano i flussi. Nel breve periodo questo si traduce in meno sprechi e maggiore prevedibilità dell’operatività.

Il Chief Happiness Officer non sostituisce gli HR o i manager, ma li aiuta a far funzionare meglio ciò che già esiste: presta attenzione agli indicatori di benessere e non solo a quelli economici, allinea la comunicazione interna con i comportamenti desiderati, sostiene i percorsi di crescita delle persone con strumenti concreti e accessibili.

Il risultato è un’organizzazione attenta sia alle performance che alla cura delle persone, capace di reagire con elasticità ai cambiamenti e di costruire valore nel tempo. Il CHO è un alleato strategico per l’azienda: migliora l’esperienza complessiva dei talenti, rafforza la credibilità del business e rende più semplice fare bene le cose giuste - oggi, domani e nel lungo periodo.

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