Quando finisce effettivamente l'orario di lavoro? Considerando la facilità con cui si può esser raggiunti via email o attraverso una delle tante chat veicolate sullo smartphone, la domanda è tutto fuorché oziosa. Per questo, sempre più spesso, si parla di Diritto alla disconnessione, ossia della possibilità fuori dal normale orario di ufficio di non essere reperibili, di "staccare la spina" digitale. Se infatti la tecnologia in questi anni ha rivoluzionato e continua a rivoluzionare in molti modi positivi il mondo del lavoro, questo non avviene senza conseguenze ed effetti collaterali. La presenza pervasiva di smartphone, tablet o pc portatili - spesso forniti dalle stesse aziende per cui si opera - ha reso immediate le comunicazioni professionali. Ma questa facilità giustifica una pronta risposta, senza limiti di orario, ad ogni tipo di richiesta e necessità?

ragazzo che ha diritto alla disconnessione dopo l'orario di lavoro
ragazzo che ha diritto alla disconnessione dopo l'orario di lavoro

il diritto alla disconnessione primi passi.

Il diritto alla non reperibilità al di fuori dall’orario lavorativo non è una tematica esclusivamente italiana. Anche al di fuori dei confini nazionali tenere il passo della rapida evoluzione e regolamentare tali aspetti presenta le sue difficoltà. Il punto di partenza resta però uno: “Always on”, essere sempre connessi, non è salutare. Strettamente correlato infatti c'è lo stress che un lavoro senza pause comporta.

È dimostrato scientificamente che il costante impegno mentale - che non rispetta i ritmi più naturali dell'alternanza pausa e lavoro - può essere profondamente nocivo per la salute. In Francia un primo tassello importante è stato posto già nel 2016 con la Loi du Travail in cui viene esplicitamente per le imprese con più di 50 dipendenti, l’obbligo di prevedere - nell’ambito della contrattazione aziendale - il diritto dei lavoratori a disconnettersi fuori dall'orario di lavoro. Tuttavia il legislatore transalpino non ha inserito alcun tipo di sanzione nei casi in cui questo diritto venga travalicato sull'onda delle pressioni aziendali. La soluzione può forse non essere stata sufficiente, ma ha avuto il merito di mostrare una chiara presa di posizione sul tema. In altri Paesi, come la Germania, sono invece state le aziende a muoversi in ordine sparso attraverso la previsione nei contratti di specifiche possibilità di spegnere ogni device e non rispondere a messaggi e comunicazioni nei giorni di festa o nelle ore dedicate alla propria vita privata.

diritto alla disconnessione: l’intervento del Parlamento europeo.

Anche il Parlamento europeo quest’anno si è espresso in merito al diritto alla disconnessione. Con la Risoluzione dello scorso 21 gennaio, infatti, ha invitato gli Stati Membri a riconoscere questo diritto come fondamentale.

Contestualmente, l’istituzione ha evidenziato tutte le conseguenze negative sulla qualità della vita di un lavoratore sempre connesso. 

“L’essere costantemente connessi - si legge nelle Risoluzione - insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull’equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere”.

Inoltre, alla luce dei cambiamenti determinati dalla pandemia quali, ad esempio, l’utilizzo sempre più massivo di strumenti digitali sul lavoro, che difficilmente verrà meno al termine dell’emergenza, diventa quanto mai necessario intervenire. Come? Adottando tutte le misure organizzative necessarie per assicurare la disconnessione ai lavoratori, anche e soprattutto attraverso regole chiare e tempestive.

Tutto questo si è tradotto in un invito esplicito alla Commissione europea a intervenire attraverso una direttiva che fornisca “un quadro legislativo al fine di stabilire i requisiti minimi sul lavoro a distanza in tutta l’Unione, garantendo che il telelavoro non pregiudichi le condizioni di impiego dei telelavoratori”.

il diritto alla disconnessione in Italia.

Numerosi gruppi aziendali e grandi imprese, dai colossi bancari alle assicurazioni, dagli operatori telefonici alle società alimentari, hanno inserito nei loro contratti di lavoro il diritto alla disconnessione come frutto di una policy aziendale o di una contrattazione sindacale. Si è arrivati anche a precisare quali siano i momenti dedicati allo stop lavorativo coerentemente con l'orario di impiego, le festività e il riposo giornaliero o settimanale, le ferie o la malattia. Il primo riferimento legislativo per quanto riguarda il diritto alla disconnessione nell’ordinamento italiano è stato introdotto con la legge del 2017 che disciplina lo smart working.

Il DL n. 30 del 13 marzo 2021, dopo la conversione in legge, ha riconosciuto il diritto alla disconnessione da strumentazioni digitali per l’attività lavorativa in modalità agile, nel rispetto degli accordi già sottoscritti e, per il pubblico impiego, dell’eventuale contrattazione collettiva.

In precedenza, anche il Garante della Privacy si era espresso nel merito con l’audizione del 13 maggio 2020, nella quale aveva sottolineato che “senza il diritto alla disconnessione, si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale”.

il diritto alla disconnessione e lo smart working.

All'interno della normativa che disciplina la modalità agile di lavoro, la legge 81 del 2017 (misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), sono contenute misure a tutela di chi presta la propria attività lavorativa in regime di smart working.

L'obiettivo era quello di non ritrovarsi senza regole, costretti ad orari infiniti, reperibilità costante e assenza di riposo, in uno spill over senza fine dove vita privata e lavorativa si confondono.

La normativa è ben chiara nello spiegare che lo smart working non è una nuova tipologia di contratto, ma solamente una forma diversa di svolgimento dell’attività lavorativa, con orari più flessibili e all'esterno della sede aziendale. Ma questa impostazione non modifica la sostanza: l'esecuzione della prestazione deve rispettare i tempi di riposo e deve esserci per il lavoratore la possibilità appunto di disconnettersi quando l'orario di lavoro è concluso. Resta ancora aperto un tema più ampio, che al di là dei casi di lavoro flessibile riesca a disciplinare e impedire, almeno in linea teorica, un uso improprio dei dispositivi aziendali capaci di invadere le ferie, i riposi o i fine settimana.

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