Lo smart working o lavoro agile è una realtà sempre più consolidata e diffusa non solo a livello globale, ma anche in Italia. A certificarlo sono gli ultimi dati emersi dall’indagine realizzata dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Nel nostro Paese, infatti, gli smart worker - ovvero quei lavoratori che beneficiano di flessibilità sia negli orari che negli spazi lavorativi - sarebbero ormai circa 570 mila. Il dato, riferito al 2019, ha fatto registrare una crescita del 20% rispetto al 2018. Lo smart working in Italia è regolato dalla legge numero 81 del 22 maggio 2017, nota anche come Legge sul Lavoro Agile, che ne definisce gli aspetti giuridici. Ecco allora che cos’è e come funziona la normativa sullo smart working e quali sono i diritti e i doveri del lavoratore all’interno di questo nuovo contesto.

diritti-smart-working.jpg
diritti-smart-working.jpg

come funziona lo smart working in Italia, la normativa.

La Legge sul Lavoro Agile definisce lo smart working come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilito mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. L’aspetto principale che deriva da questa definizione è che, insieme alle limitazioni spazio-temporali, viene meno pure la tradizionale organizzazione del lavoro. Questa nuova flessibilità ha comunque dei confini, poiché “la prestazione lavorativa viene eseguita – si legge ancora nella norma – entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. L’obiettivo del legislatore è in sostanza quello di conciliare gli obiettivi aziendali, in termini economici e produttivi, con i tempi di vita e di lavoro dei professionisti. Se, infatti, l’evoluzione della società richiede ai lavoratori una sempre maggiore adattabilità e competenze trasversali, lo sviluppo tecnologico fornisce i mezzi per far fronte a queste nuove esigenze.

i diritti e la sicurezza del lavoratore.

Sul fronte dei diritti e doveri del lavoratore, la legge 81/2017 stabilisce innanzitutto che “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. In generale, spetta sempre al datore di lavoro garantire la salute e la sicurezza di un collaboratore che presta la propria attività in modalità agile. A tal proposito, secondo quanto stabilito dalla legge, il datore di lavoro si impegna a consegnare, con cadenza annuale, l’informativa sui rischi generali e specifici legati all’esecuzione del rapporto di lavoro. Le particolari modalità del lavoro agile hanno, poi, spinto il legislatore a specificare che “il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali”. Per quanto riguarda i tempi di riposo, l’accordo individua anche “le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Secondo la normativa, inoltre, anche nel caso in cui l’attività sia prestata in modalità agile, sono previsti incentivi di carattere fiscale e contributivo “in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato”.

i vantaggi e i potenziali rischi dello smart working.

Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, tra i principali vantaggi dovuti all’adozione della modalità di lavoro agile ci sarebbe il miglioramento dell’equilibrio fra vita privata e professionale. Il 35% delle organizzazioni coinvolte nell’indagine dell’Osservatorio avrebbe rilevato anche una crescita sia della motivazione che del coinvolgimento dei dipendenti. Ma a fronte dei benefici dello smart working, non vanno trascurate le criticità emerse dagli stessi smart worker intervistati dall’ateneo milanese. Nel 35% dei casi, infatti, c’è una percezione di isolamento, mentre per il 21% degli intervistati una fonte di criticità sarebbero le distrazioni esterne. Barriere tecnologiche e problemi di comunicazione e collaborazione virtuale, infine, sono risultate problematiche nell’11% dei casi. Se da una parte la tecnologia è uno strumento utile a favorire nuove modalità di lavoro più adatte all’evoluzione della società, dall’altra può diventare un’arma a doppio taglio che va quindi regolamentata al fine di tutelare i diritti e la salute dei lavoratori.

rimani aggiornato.

iscriviti alla newsletter